Peppe Barra è il protagonista de “La Cantata dei Pastori” in scena da giovedì 7 a domenica 10 gennaio presso il Teatro Municipale Giuseppe Verdi in via Roma a Salerno. Il classico spettacolo di Natale viene riproposto dall’artista – come da secolare tradizione – con una serie d’integrazioni al testo originale che lo rendono ancora più fruibile ed interessante. Venerdì 8 gennaio alle ore 18.30 è in programma sempre al Teatro Verdi di Salerno ”Giù la maschera” l’incontro tra Peppe Barra, il pubblico e la stampa. Una bella occasione per conoscere ancora meglio i temi dello spettacolo ed un artista poliedrico come Peppe Barra. La partecipazione a “Giù la maschera” è libera e gratuita.
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Non c’è Natale senza La Cantata dei Pastori e da quarant’anni a questa parte non c’è Cantata senza Peppe Barra.
La Cantata dei Pastori ha un titolo lunghissimo e barocco, ma è universalmente nota con l’abbreviazione d’uso.
Fu scritta alla fine del Seicento (1698) da Andrea Perrucci e da allora, per più di tre secoli, è stata continuamente rappresentata e rimaneggiata.
L’ha riscritta anche Peppe Barra, che aveva già interpretato l’opera al fianco della madre Concetta.
La Cantata dei Pastori è la storia delle traversie di Giuseppe e Maria per giungere al censimento di Betlemme. Nel difficile viaggio vengono accompagnati da due figure popolari napoletane: Razzullo, scrivano assoldato per il censimento, e Sarchiapone, ‘barbiere pazzo e omicida’, maschera ispirata quasi direttamente dalla tradizione popolare dei Pulcinella e antesignano di Felice Sciosciammocca.
Sarchiapone è la dimostrazione delle varie sovrapposizioni e aggiunte delle tradizioni delle Cantate. Questo personaggio infatti non esisteva nella versione originale di Perrucci. Fu introdotto per rendere meno paludata la rappresentazione, per adattarla al gusto del pubblico e via via si è andato ritagliando un ruolo sempre più importante.
Anche nella tradizione iconografica del presepe i personaggi hanno un nome e un ruolo, sia perché Andrea Perrucci lo ha scritto, sia perché tre secoli di rappresentazioni lo hanno trascritto e rappresentato.
Il presepe popolare napoletano è direttamente influenzato dalla Cantata dei pastori, che mescola il suo narrare con quello dei vangeli apocrifi e con altre tradizioni popolari del sud, a metà strada tra il cristiano, il pagano, il magico.
Molti sono gli ostacoli che Giuseppe e Maria dovranno superare prima di trovare rifugio nella grotta della Natività. Ed è naturalmente conseguente il lieto fine, la salvazione dell’umanità dal peccato e il ritorno di Belfegor, sconfitto, nel suo mondo infero di fiamme e zolfo. Fino all’anno prossimo, quando anche lui, vecchio diavolaccio impunito, potrà tornare a raccontarci la storia infinita della lotta millenaria tra Bene e Male.