Prevenzione, Restauro e Rigenerazione, scenari e prospettive per gli architetti di Napoli

La rigenerazione urbana di qualità intesa come nuova frontiera e paradigma per il nostro territorio. E’ l’oggetto del convegno L’ARCHITETTO E IL PATRIMONIO COSTRUITO. Prevenzione _Restauro _ Rigenerazione, promosso dall’Ordine degli Architetti P.C.C. di Napoli e Provincia e dall’Acen – Associazione Costruttori Edili di Napoli, in collaborazione con la Fondazione Ordine degli Architetti P.P.C. di Napoli e Provincia, il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e la Scuola di specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio UNINA, che si è tenuto oggi7 dicembre 2016, presso la sede dell’Unione degli Industriali di Napoli.

Durante i lavori si è discusso di scenari e prospettive per  trasmettere alle generazioni future un patrimonio costruito sicuro, identitario, ma anche arricchito di nuovi significati e nuove capacità attrattive. La messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, sia pubblico che privato, è un obiettivo prioritario per i prossimi anni, cui dovranno convergere interventi legislativi, programmi e risorse adeguate, modelli operativi e contributi scientifici e disciplinari. E’ quanto mai necessario, quindi, un dialogo tra il mondo dell’Architettura, quello assai vicino dell’Ingegneria strutturale e le Istituzioni che insistono sul territorio, per far sì che la messa in sicurezza di un edificio non sia realizzata a discapito dei valori che lo connotano e della storia che esso trasmette.

“I recenti e frequenti terremoti che hanno colpito l’Italia – commenta il presidente dell’Ordine degli Architetti Pio Crispino – hanno evidenziato l’urgenza di interventi di messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente atti a ridurre l’impatto sulle persone e sugli edifici. La messa in sicurezza degli edifici non può essere sinonimo di emergenza, bensì di pianificazione. Serve un grande piano di rigenerazione, prevenzione sismica, sicurezza idrogeologica del territorio, che metta al centro la qualità del costruire e la sostenibilità ambientale. Riqualificazione vuol dire, infatti, cambiare il modo di progettare e costruire. Il tutto con risorse adeguate e procedure più snelle, fattori che influenzano profondamente le potenzialità del nostro operato”.

“Sul patrimonio edilizio abitativo – afferma il presidente dell’Acen Francesco Tuccillo – è necessario aumentare il livello di conoscenza e consapevolezza del rischio da parte della popolazione, rendendo obbligatoria, ad esempio, una documentazione specifica in caso di locazione e compravendite oltre che per i nuovi edifici; introdurre l’obbligatorietà della diagnosi dell’edificio in funzione della tipologia costruttiva e dello stato di conservazione e fissare un congruo periodo per la messa in sicurezza degli edifici prevedendo sanzioni in caso di inadempienza (per esempio, la non cedibilità  del bene o l’impossibilità di ricevere finanziamenti o contributi pubblici). Inoltre – continua Tuccillo – a livello comunale un’opportunità potrebbe essere fornita dall’annullamento del contributo OSAP (dovuto per l’installazione degli anditi), in modo da incentivare gli interventi di recupero delle facciate”.

Il convegno è stata anche l’occasione per fare il punto sulla situazione attuale del patrimonio edilizio locale.

La Campania, infatti, concorre alla produzione edilizia nazionale nella misura del 6.5%. Metà della produzione edilizia regionale viene ”prodotta” nella provincia di Napoli, ora città metropolitana. Il valore di tale produzione nel 2016 in Regione è stato pari a 10,7 miliardi, di cui 5,3 miliardi nel capoluogo.

La componente del rinnovo, data da manutenzione straordinaria+manutenzione ordinaria, è assolutamente preponderante rispetto a quella del nuovo, attestandosi in Campania al 76% della produzione totale e in Provincia di Napoli all’81% addirittura, a fronte di una percentuale nazionale del 73%. Segno di un’attività edilizia volta soprattutto al recupero ed alla rigenerazione di un territorio, con una storia antichissima.

 

In Campania, infatti, più del 53% degli edifici residenziali ha più di 40 anni, in linea con lo stock medio nazionale. La medesima quota sale invece al 59% in Provincia di Napoli, e raggiunge il livello davvero eccezionale dell’80% nel Comune di Napoli, dove di conseguenza è assai rilevante la quota degli edifici degradati. Non solo dunque una ingente quota di edifici da ristrutturare in quanto vetusti, ma anche perché costruiti precedentemente all’entrata in vigore della normativa antisismica.

Il Centro Studi Ance ha condotto, inoltre, una elaborazione puntuale della consistenza dello stock edilizio e di alcune sue caratteristiche nei comuni che appartengono alle zone a rischio sismico, particolarmente alla zona 1 (rischio molto elevato) ed alla zona 2 (rischio abbastanza elevato) secondo la Classificazione sismica della Protezione Civile 2015. Ne risulta che i comuni rischiosi in Italia sono il circa 2900 (su 7998 totali), dei quali 700 ricadenti in zona 1 e 2200 in zona 2. Dunque il 36% del totale.

Di questi 488 appartengono alla Campania (129 in zona 1 e 359 in zona 2) rendendo tale regione italiana quella con il maggior numero di Comuni a rischio, vale a dire l’89% dei suoi Comuni (l’intera Regione ne ha 550).

Al mercato del rinnovo da anni contribuisce in maniera stimolante e determinante  il sistema degli incentivi fiscali per ristrutturazione, per efficientamento energetico e messa in sicurezza.

Anche il disegno di legge di Bilancio per il 2017, in discussione al Parlamento, prevede la proroga e la rimodulazione delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie; per gli interventi antisismici; per quelli di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente; per quelli di recupero delle strutture alberghiere, prevedendo peraltro aliquote diverse in ragione della maggiore efficacia degli interventi realizzati.

Nel confronto regionale per le istanze di incentivi fiscali tuttavia la Campania non si colloca positivamente concorrendo solo per il 2,5% alle richieste inviate, ponendosi 12esima regione soltanto. Le regioni più attive sono invece le quattro del Nord: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna.