Marco Martone
Il San Paolo che al termine della partita assiste quasi con indifferenza all’uscita della squadra dal campo è lo specchio del momento più triste, calcisticamente parlando, degli ultimi 20 anni che sta vivendo il Napoli. E quello del rapporto tra pubblico e squadra, in particolare i tifosi elle due curve, è un aspetto che non può essere più trascurato. E’ vero che le grandi squadre vincono le partite perché sono forti e perché i calciatori che le compongono hanno spessore, qualità e personalità. Altrettanto vero è che molte gare si vincono anche, se non soprattutto, con l’aiuto della spinta che arriva dagli spalti. Una verità ancor più “vera” al San Paolo, dove tante battaglie si sono vinte grazie all’aiuto dei gruppi organizzati. E invece questa spinta manca, per motivi più o meno comprensibili.
E il sospetto è che la squadra, in un modo o nell’altro, ne sia gravemente condizionata. Non si spiegherebbero prestazioni al limite del grottesco da parte di alcuni calciatori che sembrano giocare con il freno a mano tirato e che commettono errori da principianti. Da cosa sono bloccati? E’ solo una questione tecnica? Sono diventati scarsi all’improvviso? Domande destinate a restare insolute. Quello che appare evidente, però è che in un modo o nell’altro si venga ad una soluzione del caso. C’è un regolamento di utilizzo dello stadio e di comportamento all’interno del San Paolo che non piace ai tifosi dei gruppi organizzati ma che vale , deve valere, per tutti. Se quel regolamento è troppo restrittivo, si trovi una mediazione, nel rispetto delle regole e si torni a viaggiare di comune accordo, squadra, società e tifosi. Altrimenti sarà bene che la squadra, questa e quelle che verranno in futuro, si abitui all’idea di giocare in uno stadio diverso, senza enfasi e senza cori.
La gara con l’Inter è stata una escalation di errori da calcio dilettantistico. Ha cominciato Di Lorenzo, ha fatto peggio di lui Meret, ha chiuso la sagra degli orrori Manolas. Il tutto condito da una prestazione incolore di Fabian, la solita inconcludente di Insigne, la poca spinta sulle fasce e la sola verve realizzativa di Milik, che i detrattori della prima epoca ormai hanno smesso di criticare (e ci mancherebbe pure…). Conte ha vinto grazie ai regali della befana azzurra, sfruttando gli strafalcioni del Napoli ma lo ha fatto legittimamente, con merito, senza rubare nulla. Il Napoli si lecca le ferite e guarda alla trasferta di Roma con la Lazio. C’è poco da stare allegri…