Il male non muore mai, il Dracula di Sergio Rubini

 

Eleonora Belfiore

Appuntamento imperdibile al Teatro Bellini di Napoli dove, dal 17 al 26 gennaio, è possibile assistere alla potente trasposizione di “Dracula”, messa in scena da Sergio Rubini. Si tratta di un’innovativa produzione Nuovo Teatro, diretta da Marco Balsamo.

Il celebre capolavoro di Bram Stoker viene riadattato da Sergio Rubini e da Carla Cavalluzzi dando maggiore risalto al fattore psicologico e ai turbamenti dello sventurato Jonathan Harker, qui magistralmente interpretato da Luigi Lo Cascio. 

Al centro della trama non più il viaggio verso i tenebrosi, temibili e magici Carpazi, ma quello nell’oscurità insondabile dei nostri cuori. La storia viene ridotta all’essenziale proprio per permettere agli spettatori di andare dritto al nocciolo della questione, di immedesimarsi così nella vicenda del giovane procuratore londinese precipitato in un turbinio fatale di passioni, orrori e ossessioni ataviche,  una vertigine esaltata dalle suggestive musiche di Giuseppe Vadalà. E in questo senso si muove la scenografia minimale che porta la firma di Gregorio Botta. Le due ore di spettacolo scorrono veloci e inchiodano fino alla fine, complice anche il solerte lavoro di tutto lo staff tecnico e di Gisella Gobbi (collaboratore regia). Mirabili gli effetti scenici, i costumi di Chiara Aversano, il perturbante gioco di luci e ombre ad opera di Tommaso Toscano. Il progetto sonoro è firmato da G.U.P. Alcaro.
Il ʻʻbuioʼʼ è il tema portante di questa versione. Il buio delle ipocrisie borghesi, di matrimoni ragionevolmente infelici che nascondono indicibili segreti, il buio dell’estasi e della passione e quello, più sinistro, della scienza che non riesce a comprendere ogni cosa e neppure cosa sia davvero il Nosferatu. Non lo sappiamo neppure noi che vediamo stravolti dall’interpretazione di Geno Diana (Dracula), la cui fisicità ricorda quella di Gary Oldman ma senza lo slancio romantico che faceva del Conte descritto da Francis Ford Coppola quasi un eroe.
Il Dracula di Diana, invece, mefistotelica presenza che si aggira persino dove non lo spettatore non si aspetta, è puro istinto, passionalità, ferocia, la stessa che colpisce a tradimento prima il povero Renfield (Lorenzo Lavia), poi Mina Murray, interpretata dalla brava Alice Bertini, e che sconvolge, infine, il razionalissimo Dottor Seward (Roberto Salemi). 

Sergio Rubini, che presta il suo volto all’inquieto Van Helsing, e Luigi Lo Cascio trascinano il pubblico in una discesa agli Inferi al contempo collettiva e personalissima, che non lascia scampo. È Van Helsing, il cacciatore di vampiri, lo scienziato raffinato ed eccentrico, colui che ha abbracciato la duplicità insita nell’animo stesso dell’essere umano, il solo a riuscire a venire a capo di questo mistero orrendo. O forse no…
Il finale, tutto da interpretare, sembra risvegliare in Jonathan Harker e in tutti noi antichi timori e consapevolezze messe con difficoltà a tacere.
E così, nei meccanismi perversi e malsani della nostra mente, una ruota riprende a girare, rivelando ciò che sappiamo già. Il male non muore mai. È dentro di noi.
È come riusciamo a gestire il nostro demone a fare la differenza. 

Uno spettacolo da vedere e che non deluderà le attese.