Marco Martone
In Cina hanno provato l’utilizzo del plasma dei pazienti guariti e sembra che abbiano ottenuto un miglioramento importante
I trattamenti con Tocilizumab eseguiti al Cotugno sono 50 e la risposta induce ad un cauto ottimismo
Un vaccino non potrà essere pronto prima di 12 mesi, nello scenario più ottimistico
Anche a Napoli potrebbe partire, a giorni, una nuova battaglia per sconfiggere il Coronavirus. L’idea è quella di usare le immunoglobuline derivate dal plasma di pazienti guariti da inoculare in quelli affetti dal virus. Lo ha confermato il professor Paolo Ascierto, presidente Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto tumori Pascale di Napoli, nel corso di una call conference promossa dal Rotary Napoli Castel Dell’Ovo, cui hanno partecipato oltre 150 persone. «In Cina hanno provato l’utilizzo del plasma dei pazienti guariti da inoculare nei malati di Coronavirus – ha spiegato il professor Ascierto – e hanno ottenuto un miglioramento importante. Anche noi stiamo valutando la possibilità di procedere in tal senso».
Molte le domande rivolte al professor Ascierto e al professor Gerardo Botti, direttore scientifico dell’Istituto Pascale, che insieme all’ospedale Cotugno, centro di riferimento regionale per l’emergenza coronavirus e specializzato in malattie infettive, ha utilizzato il farmaco Tocilizumab nel trattamento dei primi pazienti in Italia con Covid-19. Il farmaco utilizzato per la cura dell’artrite reumatoide, sta dimostrato di essere efficace nel trattamento della polmonite interstiziale causata dal Covid-19. «I trattamenti eseguiti fino ad oggi all’ospedale Cotugno sono 50 e la risposta che abbiamo avuto induce ad un cauto ottimismo – ha detto Ascierto – il farmaco funziona. I segnali sono buoni e interessanti. Il recupero avviene nell’arco delle 24\48 ore, tempi analoghi, in qualche caso, anche per i pazienti intubati».
In tal senso segnali positivi dalla somministrazione del farmaco arrivano anche da Lodi, Padova, Fano, Chieti, Cosenza e Roma. Il professor Ascierto ha però specificato che «i risultati della sperimentazione i dati con rigore scientifico non li avremo prima di 4 settimane». La somministrazione del farmaco, inoltre, deve avvenire sempre in ambiente ospedaliero. «Non può essere fatto domiciliarmente – ha spiegato – perché potrebbe dare effetti collaterali se somministrato in modo non congruo. C’è poi sempre la necessità di verificare sempre le condizioni generali del paziente». Rispetto alla scoperta di un vaccino, invece, i tempi sono medio lunghi. «Un vaccino – ha detto Ascierto -non potrà essere pronto prima di 12 mesi, nello scenario più ottimistico».