È un de Msgistris battagliero ma estremamente pacato, quello che ha incontrato i giornalisti nella sala giunta di Palazzo San Giacomo, per commentare la sentenza proclamata dalla terza Corte di Appello di Roma, che ha assolto il sindaco di Napoli e il consulente Gioacchino Genchi dall’accusa di abuso d’ufficio in relazione alla vicenda dell’acquisizione di tabulati telefoni di politici nell’inchiesta “Why Not“. Secondo i giudici, “il fatto non costituisce reato“. Le irregolarità rilevate dalla sentenza di primo grado, che condannò i due a un anno e tre mesi, erano legate all’acquisizione di tabulati di alcuni parlamentari nel periodo 2006-2007, in cui de Magistris era pm a Catanzaro e titolare dell’indagine. Dopo aver ringraziato gli avvocati che lo hanno seguito in questi anni, de Magistris ha parlato alla stampa.
“Con la decisione di ieri si sana una profonda ingiustizia. La condanna in primo grado era assolutamente ingiusta ed era nata da un’indagine e una attività investigativa sulla quale qualcuno oggi dovrebbe investigare”. Secondo il sindaco di Napoli quel provvedimento fu “frutto anche di un’attività criminosa”., arrivando al paradosso che “gli accusatori sono diventati accusati e il sistema sul quale investigavo è diventato parte civile nel processo”. Dal primo cittadino, poi, una dura stilettata al premier Renzi. “Voglio tranquillizzarlo – ha detto de Magistris – perché ieri lo vedevo un po’ incerto. Non mi sono avvalso della prescrizione, ancora oggi rilevanti quotidiani nazionali scrivono corbellerie. Se lo avessi fatto il mio processo sarebbe durato un minuto”. E ancora rivolgendosi a Renzi, “stai sereno che il sindaco di Napoli è stato assolto!”. De Magistris ha detto che della questione parlerà molto nelle prossime settimane e spiegherà “con calma e serenità”, cosa ha messo in campo l’intero sistema. Infine un ringraziamento alla gente di Napoli che “mi ha dato affetto e forza, altrimenti se avessi mollato avremmo avuto un commissario e la terza città d’Italia sarebbe stata fatta fuori con una specie di colpo istituzionale. Invece – ha aggiunto – non abbiamo mollato e se non l’ho fatto è perché tra sostenitori e anche oppositori e avversari, ho trovato gente leale che mi ha detto che era una porcheria quello che mi stavano facendo”. Sulla legge Severino il sindaco non ha avuto mezzi termini. “Sarebbe stata una grande ingiustizia nei miei confronti”. Poi la promessa per il futuro. “Ci sono nomi e cognomi. E qui non parliamo di ladri di polli ma di massonerie deviate, ndrangheta, Cosa nostra corruzione e sistema politico criminale e istituzionale ancora dentro ai vertici del nostro Stato”.
Marco Martone