di Marco Martone
Parla di Matteo Renzi, del sindaco Luigi de Magistris e naturalmente del suo Napoli. Un Aurelio De Laurentiis scatenato quello che ieri è intervenuto a radio Kiss Kiss, l’emittente ufficiale del Calcio Napoli. Tanti i temi in discussione e non solo di natura tecnica o tattica. Il patron azzurro ha sollecitato anche, come spesso gli piace fare, le istituzioni, locali e nazionali, a un maggiore impegno verso Napoli e il Mezzogiorno più in generale. «Bisogna far ripartire il Sud. Non è vero però che a Napoli non si può lavorare e c’è una fuga di imprenditori, diciamo che non hanno mai fatto nulla per il Sud. Ora è Renzi a dover trovare opportunità legislative per aiutare anche fiscalmente il meridione», ha detto De Laurentiis, che ha poi in qualche modo legato lo sviluppo dei settori giovanili della sua squadra, anche al recupero di Bagnoli. «Una volta bonificata l’area può essere fondamentale per la città. Lì si potrebbe fare un centro per il Napoli giovanile. In Lega discutevamo di elevare le giovanili per far diventare la “Primavera” una seconda squadra col massimo di 23 anni. Si potrebbe fare un centro con tutte le affiliazioni, 35mila ragazzi. Non sarebbe solo simbolico, lo sport è costruttivo».
Inevitabile che poi la discussione si sia spostata su una delle questioni più spinose degli ultimi anni, legate al rapporto tra il Calcio Napoli e il Comune, lo stadio San Paoli. «De Magistris è una brava persona, ha voglia i fare, ma credo che prima di ottobre non inizierà nulla. Non a caso i cantieri non apriranno subito dopo il campionato. Io gli ho chiesto di fare delle cose, io sono rapido, innovativo, ma credo che dovremo vergognarci quando Rummenigge verrà da noi – ha aggiunto De Laurentiis – con i tecnici abbiamo visto dove poter intervenire subito per averlo in condizioni accettabili. Renzi però per queste situazioni dovrebbe scegliere tre manager per le principali città, non contestando il sindaco, ma dandogli i poteri di operare al di là dei vari vincoli. Bisogna recuperare il tempo perduto, ma al di là dei partiti e dei nomi, nessuno potrà fare nulla per le città».