di Marco Martone
Milan-Napoli è stata qualche volta sfida scudetto. In passato quasi sempre con il Milan favorito. Almeno fino a qualche anno fa, quando gli azzurri sono diventati l’unica vera alternativa allo strapotere della Juventus e sono stati capaci di andare al Meazza a dominare, spesso a vincere. Milan-Napoli è stata la sfida tra Juliano e Rivera, quella tra Maradona e Arrigo Sacchi, Gullit e Van Basten. Il Milan-Napoli di domani è un’ombra sulla storia di due squadre che stentano a ritrovare se stesse. I rossoneri ormai da tempo in un vicolo buio, fatto di società fantasma, propositi di rilancio, delusioni, cambi di allenatore e sogni infranti. Il Napoli alle prese con il momento storico più delicato e difficile della gestione De Laurentiis.
Si affronteranno per uscire da una crisi che potrebbe avere conseguenze pesanti, per entrambe, in caso di risultato negativo. Costrette a vincere, perché il pareggio non servirebbe a nessuno. Non certo al Milan, che naviga in una posizione di classifica quasi a ridosso della zona retrocessione. E non servirebbe ad Ancelotti, che ha bisogno di risposte sul campo da un gruppo che appare sfaldato, depresso, incapace di produrre gioco e risultati. Una vittoria per guardare al futuro con un pizzico di ottimismo. Per il Napoli un crocevia fondamentale, in vista della trasferta Champions contro il Liverpool, gara non determinante per l’accesso agli ottavi ma comunque da gestire con prudenza, visto che l’eventuale sconfitta contro i reds rimanderebbe tutta la questione all’ultima partita al San Paolo con il Genk, facile soltanto sulla carta.
In questo momento si avverte l’esigenza di fare gruppo, trovare sintonia e unità d’intenti. E invece continuano a soffiare venti di bufera. Alimentati, spesso ad arte, da una parte dell’informazione che non vuole bene al Napoli e che sembra godere nel travisare, interpretare a suo modo comunicati e dichiarazioni più o meno opportune. Un tranello nel quale cadono migliaia di tifosi, che si sentono spaesati e non sanno da quale parte stare. Con i giocatori, il cui compito sarebbe solo quello di giocare e se possibile vincere le partite. Oppure l’allenatore, persona forse troppo perbene per coesistere con un ambiente avvelenato e non sempre in buonafede.
Poi c’è il presidente, croce e delizia. L’unica salvezza, per ora, per il Napoli. Non c’è alternativa a De Laurentiis, piaccia o no. Sceicchi e cordate di imprenditori, da queste parti, se ne vedono solo sui fumetti virtuali dati in pasto ai creduloni da tastiera. Il punto di non ritorno, però, è vicino e sarà bene essere implacabili e decisi. Perché le sorti di questa stagione potrebbero essere l’ultimo dei problemi per un Napoli che, in questi giorni, si sta giocando buona parte del suo futuro.