di Mariateresa Di Pastena
La campanella che non suona più nelle scuole, all’inizio della giornata, è come un mancato ‘via’ che non dà inizio ad una gara. Una gara alla quale partecipano ogni giorno vita e cultura, sogni e speranze di bambini e ragazzi. Naturalmente una misura necessaria, quella della chiusura delle scuole, così come tutte le altre misure restrittive, sicuramente sofferte ma indispensabili, che, man mano, in questo periodo sono state prese dal nostro governo per cercare di evitare il peggio. Il ‘mostro’ coronavirus (questo mostro invisibile e orribile che purtroppo sta spaventando tutti, ma che soprattutto, purtroppo, sta facendo ammalare tantissime persone, portando enorme dolore, distruggendo tante vite e mettendo a dura prova la nostra sanità, instancabile e in prima linea) non è stato facile da spiegare ai ragazzi, in quei pochi giorni in cui si era ancora a scuola. Mentre lui, col suo brutto muso, sembrava osservarci da lontano, noi insegnanti ricordavamo agli alunni le indicazioni e le regole da seguire, per cercare di allontanarlo. Intanto i ragazzi facevano mille domande, forse le stesse che avevano fatto già ai loro genitori, e poi aspettavano le risposte, per confrontarle, per tranquillizzarsi. E credo che tutti i genitori e tutti gli insegnanti abbiano cercato di fare proprio questo: informarli, senza allarmarli, cercando le parole più adatte alla loro età.
Poi, senza neanche il tempo per un saluto, siamo stati separati, insegnanti e alunni. Una separazione evidentemente necessaria, come abbiamo già detto,
E così sono iniziati subito i contatti virtuali. E la tecnologia digitale, in tutte le sue forme, proprio quella tecnologia che più volte abbiamo condannato per la sua onnipresenza soprattutto tra i più giovani, ecco che, senza rancore, ci ha teso una mano.
Ma nessuno strumento tecnologico, mai, potrà prendere il posto dei nostri alunni. Quanto ci manca il loro buongiorno, mentre entrano in classe trascinandosi dietro gli zaini e il sonno! Ci mancano i saluti tra di loro mentre prendono posto e si affacciano sulle tante ore di lezione; i loro sguardi, che sono quelli sul futuro; ci mancano le loro parole, che sono quelle più sincere; i loro sorrisi, che sono i più belli; ci manca il loro vociare durante l’intervallo, tra le merende e i giochi, mentre in qualche classe, in sottofondo, si spande una canzoncina dal computer, per regalare un sorriso a tutti. Ci manca il loro viavai tra il corridoio e il cestino dei rifiuti; ci mancano le loro mani alzate per chiedere il permesso di andare in bagno. Ci mancano le letterine e i disegni che lasciano timidamente sulla cattedra, testimonianze del loro affetto e del nostro.
Sarebbe impossibile elencare tutto ciò che ci manca di loro!
Ora, la didattica, in qualche modo, andrà avanti, naturalmente… Ma, in questo momento, la vicinanza, l’affetto, la cura da parte degli insegnanti credo siano ancora più importanti del solito. Così come lo è l’Amore dei genitori.
Ecco, proprio ai genitori, che in questo periodo sono gli unici a poter stare accanto a loro fisicamente, chiediamo di dare ai loro figli, e nostri alunni, un abbraccio forte.
Sperando che ‘andrà tutto bene’.
Sperando di poter risentire al più presto il suono squillante della campanella e di veder entrare nelle aule i nostri ragazzi, così diversi tra loro, così uguali.