All’improvviso come un fulmine a ciel sereno il ventuno di febbraio scorso a Codogno, località della Lombardia industriale , sotto un cielo plumbeo annerito dallo smog, ha preso alloggio una molecola proteica che doveva sconvolgere in seguito il mondo intero: un virus apportatore di morte, battezzato con il nome di coronavirus , di nazionalità cinese, primo Paese al mondo che ne aveva fatto conoscenza. Tralasciando tutte le ipotesi formulate sui tempi e sui modi della trasmissione di questa molecola mortale, il presente articolo ha il solo scopo di dare una precisa informazione sulla composizione chimica del “covid 19ʼʼʼ, nome di battesimo di questo nuovo virus, che ha messo in pochi giorni in discussione la vita del genere umano, riuscendo a mettere in imbarazzo la ricerca scientifica più accreditata per le grandi difficoltà da superare al fine di mettere a punto un protocollo idoneo a combattere la polmonite virale prodotta da un nemico che dispone di armi pericolose ed imprevedibili legate alle sue particolari proprietà chimiche e fisiche . Mi guarderò bene dal dare consigli in merito o a riportare critiche sui provvedimenti presi dai vari organi responsabili o sui discorsi molte volte devianti di personaggi di qualunque comparto professionale che hanno preso alloggio in pianta stabile alla televisione, per cui confermo che lo scopo che si prefigge questo scritto è solo quello di fornire notizie precise sugli studi più recenti sull’argomento, divenuto ormai quello del secolo, mettendo in luce qualcosa che non era stata mai detta solo perché la relativa conoscenza era data per scontata: il che non risponde affatto al vero.
Fatta questa precisazione, inquadriamo la reale posizione della specie “ virus “ precisando che i singoli componenti vengono definiti dalla scienza come ”esseri” submicroscopici infettivi capaci di provocare malattie non solo nell’uomo, ma anche in molti animali , in alcuni batteri, come anche nelle piante , vale a dire in tutti gli esseri viventi . Le loro dimensioni variano tra i dieci ed i trecento millimicron e , pertanto , evidenziati solo al microscopio elettronico. Si differenziano nettamente dai batteri perché non hanno la facoltà di riprodursi che è resa possibile solo in qualità di ospiti in determinate cellule animali e vegetali. Quindi, non sono esseri viventi e pertanto dagli studiosi più accreditati (Stanley W. Meridith, premio Nobel per la chimica 1948, Sigurgeirsson A. e tanti altri), sono considerati come “termini di transizione “tra le molecole e gli esseri viventi. La molecola di un virus che costituisce il nucleoprotide, suo componente principale, è una tipica nucleoproteina costituita dall’associazione di acido nucleico con una proteina semplice, in percentuale variabile nei vari tipi di virus. Ad esempio nel virus “ring spot”del tabacco la nucleoproteina è costituita dal 40% di acido nucleico e la restante parte di una proteina semplice. Le proteine appartengono ad un gruppo molto complesso di sostanze chimiche ed oltre a rappresentare i costituenti essenziali del protoplasma sono ben note a tutti in quanto rappresentano i principi attivi per la nostra alimentazione. Il nucleoprotide risulta coperto poi da un involucro (capside ) che conferisce al virus le caratteristiche antigeniche,cioè l’incapacità di riprodursi. Nel caso del covid -19 tale involucro si identifica con l’acqua ,da cui discende la possibilità del virus di “navigare “nell’aria e poi di introdursi nella vittima designata mediante la bocca, il naso per raggiungere attraverso le vie respiratorie il polmone, dove inizia la sua attività malefica, provocando la polmonite virale , preferendo gli anziani anche se non risparmia alcune volte l’età intermedia ed i giovani come la realtà di oggi sta dimostrando.
Senza spendere molte parole, divengono allora più giustificabili ed accettabili i decreti delle autorità competenti che si susseguono per consigliare anche in maniera dura tutte quelle precauzioni che hanno una loro logica, come ad esempio rispettare sempre una distanza superiore al metro con l’eventuale interlocutore, di avere il minor numero di contatti possibili, di evitare abbracci ,strette di mani e di conseguenza “ restare a casaʼʼ,di usare sempre un determinato tipo di mascherina idonea e non una qualsiasi, tenendo sempre ben presente le risorse diaboliche del temibile nemico. Sono questi i primi “farmaci” da usare in questo tipo di epidemia che ci ha colto impreparati e che finisce per annullare molto spesso grazie ad alcuni irresponsabili, anche il lavoro ed il sacrificio dei soccorritori, quindi del personale sanitario (medici, farmacisti , infermieri , senza dimenticare molte altre categorie di lavoratori della mente e delle braccia) che sovente si sono trovati esposti all’uragano senza una attrezzatura idonea. Mi sembra superfluo aggiungere che tutto il presente disastro trova la sua spiegazione negli errori di un passato lontano e vicino commessi da una politica amministrativa che ha trovato le soluzioni meno adatte per lo sviluppo del Paese ammettendo come soluzione, da un lato la cessione delle industrie più attive al capitale straniero e dall’altro sacrificando,fin dall’inizio di una crisi economica partita da molti anni addietro, all’altare della” austerity “( che avrebbe dovuto doverosamente toccare ben altri comparti), la decisione della chiusura di numerosi ospedali e la drastica riduzione del personale sanitario non disgiunta dai tagli alla ricerca scientifica. E non vado oltre su questo argomento sul quale si potrebbe scrivere un voluminoso romanzo non potendo dimenticare il pietoso spettacolo al quale tutti abbiamo assistito quando la televisione ha mostrato, in occasione degli sviluppi dell’epidemia da virus nella città di Bergamo, quel quadro che evidenziava la lunga fila di camion dell’esercito adibiti al trasporto delle salme nei depositi di raccolta, in attesa di sepoltura, accompagnato successivamente da quello fornito dalla civilissima America con la scelta delle fosse comuni. In tutti con grande commozione e non senza rabbia è ritornato il ricordo della pietosa descrizione del Manzoni ai tempi della peste di Milano, con la semplice variante del “mezzo motorizzato “dei tempi moderni al posto del “carrettone “. Sembra allora quanto mai lecito domandarsi quando finiremo di assistere alla ripetizione di certi “spettacoliʼʼ, quando finiremo di considerare il fattore antropico come assoluto dominatore di una natura che, provvida nei suoi doni ,avrebbe meritato una considerazione ,un rispetto ben diverso.
Considerando altresì l’esistenza di una crisi economica che ormai nel nostro paese si trascina da un trentennio quando si riuscirà a trovare da parte delle stesse intelligenze che hanno inteso sottomere la natura ai propri voleri la soluzione del problema lavoro ,fattore primo dell’economia di un paese che giace nella scomoda posizione di un piano inclinato dovuto da un lato agli errori commessi e, dall’altro, alla mancata volontà di contrastarli ,ampiamente giustificata e nascosta con molta ipocrisia sotto il manto immacolato del quieto vivere. Nell’elencare le proprietà del covid 19 anche ai fini della difficile ricerca affidata alla scienza per combattere il pericoloso avversario occorre tener ben presente quella della ʻʻmutabilitàʼʼ, termine con il quale viene evidenziata la capacità del nucleotide, e quindi della molecola proteica ,di cambiare aspetto : infatti la relativa conferma viene fornita proprio dalla ricerca italiana che è riuscita ad isolare fino ad oggi ben cinque “ceppi”, tipologie diverse del covid 19 ,alle quali vanno aggiunte altre, isolate in altri paesi. Da ciò è facile dedurre le difficoltà alle quali si andrà incontro nella preparazione dei vaccini, meta da dover raggiungere al più presto, ma che appare al giorno d’oggi difficile e non certo vicina. Proprio questo, infatti, è uno dei motivi che hanno spinto la scienza ad orientarsi subito sulla ricerca di una “antimolecola”, munita della proprietà di trasformare , disintegrare, o anche frazionare la molecola proteica del nucleotide del virus senza produrre eventuali danni all’organismo . In questa direzione si è subito diretta la ricerca dei biochimici e dei virologi dell’Istituto dei tumori “Fondazione Pascale” e del “ Cotugno” di Napoli, prestigiose istituzioni della nostra città, da cui è nato il tentativo ,divenuto successivamente protocollo anti-covid 19 , che sta fornendo dei buoni risultati sia sui pazienti della Campania sia su quelli ricoverati negli ospedali di altre regioni .
Questo importante farmaco che apre il cuore alla speranza risulta costituito dalla associazione di due molecole, precisamente da :”azitromicina “antibiotico macrolitico e “tocilzumad”, anticorpo monoclonale, cioè estratto da un tipo di cellula particolare. Per la precisione occorre aggiungere che questo particolare anticorpo che risulta costituito da una proteina coniugata “rimaneggiata” ed “umanizzata” ha una origine animale, venendo estratta dall’ovaia del criceto, roditore appositamente allevato per esperienze di laboratorio, la cui produzione avviene principalmente negli USA. Poiché ritengo che ognuno deve fare “ il proprio mestiereʼʼ sull’azione di questi farmaci non mi dilungo preferendo fare riferimento ad una frase molto significativa che ho estratto da un’intervista del dottor Franco Buonaguro biochimico del Pascale, componente dell’équipe citata ,che testualmente riporto: “ la parte finale dell’infezione da virus covid 19 caratterizzata dalla tempesta citochimica scatenata , come avviene anche in altre infezioni, ha suggerito la strada del ricorso ad un antibiotico associato ad una proteina complessa il “tocilzumad” normalmente impiegato per trattare le complicanze respiratorie che si sviluppano in corso di terapie in alcuni pazienti oncologici con deficienze immunologiche”. A completamento delle proprietà del covid- 19 ne esiste una che non gioca questa volta a suo favore in quanto l’involucro ( capside ) del quale si circonda per raggiungere i suoi scopi , si identifica con una gocciolina di acqua che finisce per rappresentare poi il tallone di Achille della malefica proteina che perde la sua attività alle temperature esterne comprese tra i 30°C. ed i 40°C. É su questa proprietà che si basano anche le previsioni sulla fine della pandemia , per cui l’attesa di una stagione calda come quella dello scorso anno rappresenta una risorsa ed una speranza per poter tornare ad una vita che dovrà essere improntata su principi ben diversi da quelli che ci hanno condotto fino ad oggi e che ci hanno posto nella condizione di affrontare un nemico che ha avuto gioco facile in quanto ci ha colto assolutamente impreparati .
E’ quanto mai facile dedurre che tutti coloro i quali riusciranno a superare questo difficile momento saranno costretti a rivedere molte idee e riflettere sensatamente sui valori della cultura,sugli scopi della ricerca ,sulla necessità di considerare la scienza in modo diverso, sulle ideologie più idonee da potersi ispirare al solo fine di trovare il più largo consenso mettendo da parte i personalismi che sono frutto di un pericoloso egoismo, facendo tesoro dei valori della propria coscienza,il cui ritorno rappresenterà la conquista più difficile. É questo il mio augurio che è quello di un “ecocatastrofistaʼʼʼ, mia categoria di appartenenza fino alla fine (virus -19 permettendo vista la sua predilezione per gli anziani), anche se le mie numerose battaglie intraprese unitamente a molti altri (vedi quelle in tema di sicurezza negli ambienti di lavoro, sicurezza prevista da leggi inascoltate sia per i lavoratori dell’amianto come di altri comparti, senza dimenticare quelle sulle conseguenze della radioattività ), purtroppo non hanno avuto la fortuna che avrebbero meritato . Chiudo con la speranza di aver fornito una visione, anche se modesta, delle difficoltà che la scienza incontra nello studio delle strategie da perseguire per combattere sempre le sue difficili battaglie non ultima quella contro il covid-19, fiducioso nel risultato che potrà ottenere il mio tentativo di illustrare un argomento esclusivamente di natura chimica senza l’ausilio delle formule che si esprimono con un linguaggio diverso anche se non facile per tutti , tentativo che mi ricorda tanto la barzelletta dello sposo che si presentò all’altare senza la sposa . Ma “quis vetat ridendo dicere verum ?”.
RENATO SINNO
(Docente di Mineralogia all’Università di Napoli Federico II)