di Gennaro Mosca
Non voglio essere blasfemo, per carità, ma proverò a spiegare ciò che invece sembra la farneticazione di un tifoso disperato.
Un Fisico, un Ingegnere, ci direbbero che – applicando ciò che è scritto in un qualsiasi Trattatello di Fisica – si può calcolare la velocità iniziale e l’angolo con cui lanciare il pallone, da ogni parte del campo, per ripetere perfettamente la traiettoria di un qualsiasi gol di Diego. Anzi, di più. Ci direbbero pure che, siccome Diego e il pallone sono un ‘sistema chiuso’ – ossia un tutt’uno su cui non agiscono forze esterne (salvo il peso) – allora l’impulso che Diego con il calcio dava al pallone, doveva corrispondere a un movimento del suo corpo – diciamo così – uguale e contrario. Si chiama ‘Principio di conservazione della quantità di moto.’ Insomma, se guardiamo un qualsiasi suo magnifico gol, uno di quei dottori ci spiegherebbe scientificamente quello che faceva – e perché lo doveva fare – acrobaticamente col corpo e con la palla. Sembrerebbe, allora, che è tutto umano, tutto di questa Terra. E invece no. Proprio là sta la prova che Dio c’è.
Perché Diego la Fisica, bontà Sua, non l’ha mai studiata. Diego non era quel freddo impulso dato al pallone in mezzo al campo, o almeno non era solo quello. No. Lui era tutt’uno col pallone, anzi in quel momento ‘era’ il pallone. Diego era quell’istante unico e irripetibile, sotto lo sguardo innamorato di 70.000 voci urlanti, in cui la palla disegnava le linee aeree di un affresco impareggiabile. E questo con la Fisica non si può spiegare.
Diego era un’idea, un pensiero, che partiva dalla testa ma passava per il cuore, arrivava al piede e con una pennellata di colore finiva in rete. Un attimo intenso e infinitamente bello. Non era solo un cross, un assist o un gol, era un passo di armoniosa grazia tecnica, era una posa plastica, una danza.
In mezzo al campo era il Discobolo di Mirone e la Venere di Milo. Il Tango e la Milonga. Come una nostalgia struggente per la sua Argentina, e allo stesso tempo l’allegria e la vitalità di questo popolo napoletano che ora lo piange disperato. Era i fuochi d’artificio, l’Inno alla Gioia di Beethoven o il Concerto n. 1 di Čajkovskij. Una sinfonia di adrenalina.
Era il numero ‘diez’, che a Napoli scriviamo così: D10S. Non è solo un gioco di parole. E’ un caso? Non può essere, invece, è un segnale che Dio c’è.
Dopo che nel 1986 gli Inglesi tolsero le Falkland all’Argentina, il 22 giugno di quell’anno ai Mondiali Diego divenne quella ‘mano’ che punì sul campo gli stessi Inglesi. Il gol più famoso del mondo, e la sua mano diventò per sempre ‘la mano de D10S’. E’ un caso? Non può essere, invece, è un segnale che Dio c’è.
A Napoli diciamo: ‘Pataté, miettici a mana toja’, e lui era la ‘mano….’ E’ un caso? Non può essere, invece, è quel segnale.
Fidel ha combattuto per i suoi poveri, cercando per loro rispetto e dignità, e se n’è andato un 25 novembre, e così ora Diego. Erano amici, li accomunava lo stesso desiderio di giustizia e il tormento di difendere gli ultimi, come Diego ha sempre fatto. E’ un caso? Non può essere, invece, è quel segnale.
Ma, evidentemente, sono di parte. L’ho ammirato, l’ho guardato, scrutato, perfino un po’ studiato in quell’arte, e soprattutto l’ho amato quale unico e ineguagliabile calciatore. Queste prove che cerco di mostrare, perché Diego è uno dei segni che Dio c’è, forse scontenteranno tutti. Faranno sorridere chi non crede, e inorridire per blasfemia chi ha Fede.
Non importa. Il cuore di Napoli e del mondo oggi piange, e io mi ripeto continuamente: ‘Don’t cry for me Napoli’, come cantava Evita, pensando che da Lassù ce lo stia dicendo Lui. E per queste fortissime emozioni non importa se invece qualcuno storcerà il naso per i miei pensieri. Basta il caloroso lungo abbraccio che da Napoli, arriva a Buenos Aires e, girando dall’altra parte, torna qui e si stringe a Lui.
Immaginandolo Lassù, sono certo che, vedendolo giocherellare sulla nuvoletta col pallone, Là intorno non si offenderanno se da Napoli salirà ancora e sempre un solo inno: ‘Olè, Olè, Olè, Olè, Diego, Diego’. Invece, credo si divertiranno.
Pure San Gennaro non si dispiacerà se, guardandoci mirare e rimirare i video dei suoi gol, da noi tutti in coro sentirà:
‘San Gennà non ti crucciare, tu lo sai Ti voglio Bene, ma na’ finta ‘e Maradona squaglia o sang’ dint’ ‘e vene.
E chest è!’