(di Anna Maria Ricciardi)
L’approccio con un libro del quale si intende procedere ad una recensione è caratterizzato, in genere, dall’intento di leggerlo in brevissimo tempo. Ma nel caso del testo di Eleonora Belfiore “Regine di cuori e inganni d’autunno” (Turisa Edizioni), le cose non sono andate proprio così. Il mondo delle fate, che via via si propone agli occhi del lettore lungo l’arco di cinque racconti e il clima rarefatto ed ingannevole dell’autunno hanno richiesto una riflessione più attenta e più meditata.
L’attenzione va innanzitutto alle figure femminili, forse non fate, ma sicuramente fatali, o perlomeno volute da un “caso che non rivela nulla che non sia stato scritto tanto tempo fa”.
Delia, protagonista del primo racconto, si muove nel clima autunnale, “stagione infingarda, lusinghiera, malinconica”. Ma c’è anche una figura maschile, uno scrittore settantaduenne, con due figli e tre nipoti, non più sognatore, ormai invecchiato, al quale appunto ricompare, nei ricordi, Delia, “una vera signora “, mai dimenticata, anzi ancora amata. E’ lei la “dama di cuori” che, nell’anniversario della sua morte si ripresenta nel suo appartamento con altre sembianze, ma pur sempre identica a se stessa.
La fiera incantatrice del secondo racconto è Penelope, la “regina buona”; è innamorata del fedele cavaliere, che le ha fatto provare un tempo il senso della sicurezza, e che ora giace rinchiuso in una stanza del castello. Egli cerca disperatamente la libertà dall’incantesimo che l’avvolge. Riacquisterà la sua libertà e scomparirà nel bosco. Una scelta d’amore e di rinuncia da parte di una fata che però non dimentica.
L’uomo “dal lungo mantello nero” del terzo racconto cerca una ragazza falena nella quale ritrovare Annie. E la rivede in questa giovane fanciulla appoggiata alla porta di un’osteria. I ricordi ricompaiono come in un flashback: una storia matrimoniale difficile, chiusa in una cupa sofferenza. Poi la testa di Annie, la strega, che rotola orridamente. Nello squallido ambiente della camera della taverna si consuma la metamorfosi in Annie e nell’inganno d’autunno, compare improvvisamente un giglio nero.
Lizzie (quarto racconto), ricompare, ormai trasformata in una strega, all’uomo che l’ha inutilmente desiderata. E’ stata la modella per due artisti che l’hanno amata. Ed immortale e giovane rimarrà per sempre, anche se in una tomba, con i capelli rigogliosi ed ancora fanciulla, come nei racconti delle fate. Il desiderio di renderla eterna attraverso l’arte ne ha determinato la perdita per sempre.
Il fedele consigliere del quinto racconto avverte la regina buona che qualcuno chiede di lei per farsi leggere le carte. E’ un cavaliere con “lineamenti aristocratici e occhi profondi come il mare in tempesta”.
È un ritorno desiderato, ma non sperato, è il gioco della “grande ruota”; ma qui sembra trovarsi la funzione salvifica di un Amore apparentemente inaffidabile, perché vissuto in un autunno ingannevole.
Ma esso è salvato da protagoniste, regine di cuori, caratterizzate da una traboccante eccezionalità, ben gestite dalla mano abile di Eleonora Belfiore.
Che dire dell’autrice? È una fantastica ammaliatrice