di Marco Martone
Vedi i calciatori dell’Inghilterra che, sguardo basso e occhi malinconici, tolgono la medaglia dal collo un attimo dopo averla ricevuta e pensi che lo sport sia finito. Guardi quell’immagine, che è un insieme di antisportività, codardia sportiva, squallore e puerile piagnisteo e ti viene voglia di spegnere la televisione, chiudere con quella passione che ti porta, da sempre, a gioire, soffrire ed esultare per un pallone che finisce in rete e un altro che termina a lato.
Ma questa volta la pochezza di un gesto non ha vinto. I miserabili escono sconfitti, sul campo e fuori. Il gesto di rifiutare la medaglia, senza riconoscere il valore degli avversari, tradisce il significato dello sport, le emozioni del calcio, il rispetto delle regole. Tradisce chi dice di aver creato il calcio e quindi tradisce se stessi. Una scena che questi presunti signori della pedata rivedranno spesso nei prossimi anni, provando infinita vergogna e magari anche pentimento.
Il calcio vero, invece, è quello delle lacrime di Insigne e Spinazzola, delle braccia alzate al cielo da Donnarumma, degli abbracci tra Mancini e Vialli. Il calcio vero è quello della Danimarca, schierata a protezione di un amico che sta lottando per non morire.
L’Italia ha vinto gli Europei e dopo aver visto l’epilogo in stile inglese al torneo, è stato giusto così. Ha vinto la squadra che meritava di vincere, quella fatta da veri atleti ma soprattutto da uomini, pronti a versare in campo l’ultima stilla di sangue, senza arrendersi mai, fino all’ultimo secondo. Uomini capaci di reagire a gol subiti, rigori sbagliati e tifo contrario. Uomini che avrebbero plaudito alla vittoria inglese, mostrando la medaglia d’argento con orgoglio, esponendola sul petto con fierezza, senza paura di ammettere la propria sconfitta. I giocatori Inglesi, invece, hanno reagito da codardi e traditori, proprio come alcuni dei loro sostenitori, che hanno dato vita alla caccia all’italiano, fuori dal tempio di Wembley, teatro di un calcio che non c’è più.