Il Giro d’Italia a Napoli per la 45ª volta, terza città dopo Milano e Roma. Due volte Grande partenza, una sola volta, nel ’68, tappa finale, quando incoronò Merckx. I campioni e le storie del Giro a Napoli dal 1909 al prossimo 14 maggio.
Napoli c’era nella prima edizione del Giro, nel 1909. La carovana vi arrivò in misura ridotta: nella tappa precedente 4 corridori erano stati squalificati perché avevano preso il treno. E poi ancora nel 1910, nel 1911, per un totale, fino al prossimo sabato, di 45 volte. Sulle strade di Partenope sono stati protagonisti e hanno trionfato tutti i più grandi, da Girardengo a Binda, da Servadei a Guerra, la ‘locomotiva umana’, fino a Eddy Merckx, il ‘cannibale’, che proprio a Napoli vinse il suo primo Giro d’Italia e si consacrò alla leggenda.
Il Giro d’Italia torna a Napoli dopo 9 anni. La tappa del prossimo sabato 14 maggio costituirà la 45ª occasione in cui Partenope ha ospitato la Corsa rosa, come sede di arrivo o di partenza. Terza, in una gerarchia nazionale, solo a Milano e a Roma.
L’ottava tappa del Giro 2022 – che partirà dal capoluogo e attraverserà Pozzuoli, Quarto, Giugliano, Bacoli e Monte di Procida per un omaggio a Procida Capitale Italiana della Cultura 2022 voluto dalla Città Metropolitana di Napoli anche per valorizzare tutta l’area metropolitana e quella flegrea in particolare – riporta la carovana in città dopo la Napoli–Napoli che aprì la 96ª edizione, il 4 maggio del 2013. Era l’anno delle World Series dell’America’s Cup disputate nello specchio d’acqua di Castel dell’Ovo, ma in quell’occasione a volare via come un catamarano spinto dal vento fu il velocista britannico Mark Cavendish, che bruciò sul traguardo l’italiano Elia Viviani e il francese Nacer Bouhanni. Lo stesso Cavendish che ha vinto domenica a Balatonfüred, al termine dell’anteprima ungherese della 105ª.
Anche in un’altra occasione Napoli aveva dato il via alla corsa ospitando la Grande partenza, nel 1963, mentre il Giro si è chiuso in città una volta sola, 5 anni più tardi.
Le prime edizioni
Napoli è stata presente nelle prime tre edizioni del Giro. Nel 1909, la prima edizione in assoluto, la carovana giunse a Napoli da Chieti. E vi giunse in misura ridotta: al termine della tappa precedente, la Bologna – Chieti, un numero incalcolato di chilometri, 4 corridori furono squalificati per aver preso il treno. A Napoli, invece, il gruppo arrivò dopo averne percorso 242, di chilometri: primo Giovanni Rossignoli, maglia Bianchi, sul podio Galetti e Canepari. Il giorno dopo partenza da Napoli per la capitale. “Successivamente – racconta Gian Paolo Porreca, past professor di Chirurgia vascolare all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, scrittore e giornalista da sempre devoto al mondo del ciclismo, autore del libro ‘Il Giro Racconta, la meravigliosa storia della Corsa rosa e dei suoi 115 arrivi in Campania’, che esce oggi – il ciclismo avrebbe declinato, in un rosario di almanacchi e avventure, fino alla Grande Guerra ed al suo black-out, eroi come Albini, Gaetano Belloni, l’eterno secondo che a Napoli fu invece per quattro volte primo, Aymo, Costante Girardengo, due successi all’attivo, Zanaga e Piemontesi, Binda, Raffaele Di Paco, un Mario Cipollini anteguerra e ante-litteram, tre trionfi per lui, Olmo, Servadei, e un oscuro tedesco, il primo straniero a vincere qui, un tedesco di nome Gerard Loncke”.
La locomotiva umana
“Così come – continua Porreca – il popolo del ciclismo avrebbe eletto a suo prediletto quel Learco Guerra da Mantova, la ‘locomotiva umana’, come recitava l’immaginario aulico dell’epoca, il generoso passista che con il territorio napoletano aveva intessuto un singolare rapporto di amore corrisposto, conquistando, già da indipendente, nel 1930, la Coppa Caivano e una prima frazione del Giro della Campania, disputato allora come gara a tappe. Guerra, che fu tra l’altro il primo atleta a indossare la maglia rosa (il 10 maggio 1931), vinse a Napoli nel ’32, nel ’34 e nel ’37: ultimo suo successo parziale, su Bergamaschi e Mealli, al Giro”.
Il dopoguerra
Al termine della seconda guerra mondiale il Giro riprese con vecchi e nuovi protagonisti. “E a Napoli – spiega ancora il professore – Mario Ricci, primo nel ’46, il Giro della rinascita, avrebbe inaugurato i giorni del passato prossimo del ciclismo. Con i successi di Coppi (1947), Logli, Biagioni, Brasola, Casola, prima degli sprint imperiosi di Van Steenbergen, nel ’52 e nel ’54, e delle imprese interlocutorie di Ettore Milano, Zuconelli e Vito Favero. Miguel Poblet (1959), il fantasioso spagnolo dalla testa pelata, e Rino Bruni (1960), due velocisti con la maglia Ignis del cavalier Borghi, avrebbero introdotto ai nostri giorni ed alle nostre volate. Parliamo di Marino Basso (1966 e ’69) e di Willy Planckaert, il primo della dinastia Planckaert, all’Arenaccia (1967)”.
Il Grande Arrivo del 1968
Quella del ’68 è stata l’unica edizione che si sia conclusa a Napoli. “Primo di giornata – ricorda il medico scrittore – con gli ombrelli a coprire gli applausi, Guido Reybroeck. Ma trionfatore assoluto del Giro di quell’anno fu Eddy Merckx, vincitore, sotto la pioggia in una Napoli consegnata a sua insaputa a platea di una storia ciclistica maggiore, del suo primo Giro d’Italia. A Napoli, poi in una Caserta-Napoli a cronometro, in una Piazza Plebiscito invasa di bici, avrebbe poi vinto Francesco Moser, in maglia rosa, sbrindellando i ciottoli della Doganella, come corresse ancora una ‘Roubaix’, nel 1979, fino al ’96, con uno sprint di SuperMario, narratore di un ciclismo diverso, ma pur sempre identico a quello dalla fantasia, se disputato a via Caracciolo, contro il sole di Posillipo”. Poi una pausa lunga 13 anni quando, nel 2009, Napoli raccolse il testimone dalla vesuviana Ercolano per lanciare i corridori verso il traguardo della ciociara Anagni, dove al trionfo di Philippe Gilbert si accompagnò la definitiva rinuncia alla vittoria finale di Danilo Di Luca, con Roma che il giorno dopo incoronò Denis Menchov, della Federazione Russa.