In vitro humanitas è il titolo della mostra visitabile da mercoledì 16 novembre al Museo Cappella Sansevero di Napoli: saranno in esposizione due opere dell’artista veneziano Mauro Bonaventura, in dialogo con le Macchine anatomiche custodite nel gioiello barocco ideato da Raimondo di Sangro VII principe di Sansevero.
Nella cavea sotterranea della Cappella Sansevero, Mauro Bonaventura espone per la prima volta a Napoli, le installazioni dei suoi corpi vitrei: Homo erectus, complessa scultura in vetro policromo, e Flying, figura sospesa che ricorda il Tuffatore di Paestum (V sec. a.C.). Entrambe le opere sono intenzionalmente allestite in prossimità delle due Macchine anatomiche, prodotti di finissimo artigianato e opere d’arte, frutto degli interessi scientifici del principe di Sansevero e del medico palermitano Giuseppe Salerno che le realizzò alla metà del Settecento.
All’intrico dei vasi sanguigni delle Macchine anatomiche replica il reticolo che forma le grandi figure umane dello scultore del vetro. Un omaggio al Principe di Sansevero, alla sua personalità poliedrica e al suo amore per ogni genere di sperimentazione compreso l’utilizzo del vetro. Dalle fonti si apprende, infatti, che, stanco di doversi servire delle vetrerie di Napoli per alcuni dei suoi esperimenti fisico-chimici, Raimondo di Sangro allestì nei sotterranei di Palazzo Sansevero “una fornace a foggia di quella de’ vetraj, ma di una particolar costruttura” e si cimentò anche nella colorazione del vetro, ottenendo risultati eccellenti.
“Quando ho visto le opere di Mauro Bonaventura, sono rimasta immediatamente affascinata dagli intrichi di quei corpi plasmati con “tecniche antiche, rigorosamente artigianali”, come egli stesso racconta. – scrive nell’introduzione al catalogo Maria Alessandra Masucci, presidente del Museo Cappella Sansevero – Al principe – ho pensato – sarebbe piaciuto Mauro Bonaventura. Non solo per le affinità estetiche tra le sue sculture vitree e le Macchine anatomiche esposte nella cavea sotterranea della Cappella, o per il materiale in cui sono realizzate, oggetto frequente delle sperimentazioni di Raimondo di Sangro. Gli sarebbe piaciuto soprattutto perché Mauro Bonaventura è un artista che non delega, che fatica – come diciamo a Napoli – con le sue mani; proprio come il principe, che, nel chiuso del suo laboratorio, mescolava, scomponeva, fondeva, cimentandosi personalmente nel lavoro manuale; abitudine, questa, tanto più insolita per l’epoca se si considera il suo lignaggio.”
Lo stile inconfondibile di Bonaventura nei suoi lavori in vetro modellato a lume conferma le straordinarie capacità tecnico-esecutive e creative. Figure umane interamente costruite in vetro, lucido e trasparente oppure opaco, modellato in una rete di fili intrecciati che acquistano sostanza attraverso il colore e i riflessi della luce.
“Mauro Bonaventura è sempre stato affascinato dalla macchina più misteriosa che Dio abbia creato, cioè l’uomo. Racconta le sue storie come se il vetro fosse inchiostro, adoperando la cannula fiammeggiante a mo’ di matita. Come un chirurgo vascolare, ha studiato anatomia per poter proporre in vetro una sintesi coerente del nostro sistema arterioso. Il principe è riuscito a rendere immortale questo luogo, ma non avrebbe mai immaginato di ospitare un giorno delle Macchine anatomiche di vetro, poetiche e scientifiche allo stesso tempo. (…) può un sistema cardiocircolatorio essere un lavoro artistico? Sì, lo dimostra il lavoro di Mauro Bonaventura che oggi, nel terzo millennio, riesce a darci una lezione di anatomia estetica piena di antiche reminiscenze alchemiche.” Jean Blanchaert, gallerista, curatore e critico d’arte.
Approdato nel mondo dell’arte vetraria muranese negli anni ottanta, Bonaventura è riuscito, nel decennio seguente, a maturare una perizia tecnica che gli ha consentito di realizzare opere inusuali per forme e dimensioni, frutto del suo personalissimo estro inventivo.
L’artista veneziano, dopo nove anni di esperienza in una fornace tradizionale, rimane affascinato dal vetro a lume. Si tratta di una tecnica che si esegue seduti a un tavolo. Il materiale vitreo, in questo caso canne di vetro policromo di Murano (non vetro borosilicato), viene scaldato e modellato tramite la fiamma che esce da un cannello metallico collegato a una bombola che emette gas e ossigeno.
Ed è proprio nel fuoco che si ritrova il nesso profondo tra l’esperienza laboratoriale del Principe e la ricerca artistica di Mauro Bonaventura, ancora di più che nella sapiente dimestichezza con il vetro e nell’attitudine alla sperimentazione. Il contatto con la materia, il confronto solitario con essa, il suo mistero e la creazione dell’Opera – così definita da Bonaventura stesso – suggeriscono una parentela con il tirocinio alchemico, in cui l’affinamento della materia e della tecnica corrispondono ad un graduale progresso interiore.
L’esposizione è raccontata nel catalogo In vitro humanitas pubblicato da alós edizioni, in vendita presso il bookshop del museo.
Sarà possibile ammirare le installazioni fino al 16 gennaio 2023 (negli stessi orari di apertura al pubblico del museo).
Mauro Bonaventura
Nato a Venezia nel 1965, Mauro Bonaventura si diploma in elettronica nel 1983, iniziando subito dopo, per puro caso, a lavorare come garzone in una fornace veneziana, dove si appassiona all’arte del vetro apprendendone le tecniche di soffiatura e decorazione. Dieci anni più tardi avviene il passaggio alla lavorazione a lume, grazie all’incontro con un artigiano che lo invita a visitare il proprio laboratorio. Questo tipo di lavorazione gli consente di sperimentare con opere di piccole dimensioni, che richiedono una maggiore precisione nell’uso della materia fluida incandescente. Durante la sua lunga pratica, viene attratto dallo studio della figura umana e, con l’intento di perfezionarsi nella sua rappresentazione, si iscrive al liceo artistico, conseguendo il diploma nel 2003. Nel corso della sua carriera, Mauro Bonaventura ha collaborato con numerosi artisti, tra i quali Pino Signoretto, Massimo Nordio, Marco Nereo Rotelli ed ha esposto in diverse istituzioni in Italia e all’estero, tra cui la GAA Foundation (in occasione della Biennale d’Arte di Venezia del 2017) e la XVI Mostra Internazionale di Architettura nel 2018. Le sue opere sono ospitate da importanti musei e gallerie come il Corning Museum of glass (New York), il Carnegie Museum of Art (Pittsburgh), Glasmuseum Alter Hof Herding, Hida Takayama Museum of Art. Viene inoltre pubblicato in molti cataloghi e riviste d’arte tra cui Glashaus, Art & Art, New Glass Review, Glass Art Society Journal. Nel 2021, in occasione della Venice Glass Week, gli viene conferito il premio “Glass in Venice” dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.