(Eleonora Belfiore)
La pandemia che da settimane sta tenendo il mondo con il fiato sospeso, non ha reso possibile lo svolgimento delle tante iniziative previste in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello. Tuttavia, la macchina della cultura non si è fermata e ha messo in moto strategie diverse per celebrare ugualmente il talento di un artista dal tratto unico.
Di necessità virtù, verrebbe da dire.
Anche ʻʻTopolinoʼʼ, sempre sul pezzo, ha deciso di ricordare il pittore urbinate con un numero speciale in edicola lʼ8 aprile. La storia, sceneggiata da Bruno Enna e disegnata da Alessandro Perina, è suddivisa in quattro episodi ed ha come suggestivo titolo: ʻʻZio Paperone e la pietra dellʼ oltreblùʼʼ. Lʼavventura, mirabilmente sospesa fra presente e passato, inizia con la scomparsa dei preziosi lapislazzuli di Zio Paperone che, supportato dai nipoti, si mette alla ricerca delle pietre seguendo le tracce di chi, secoli prima, era solito utilizzarle per ottenere quel particolare e inconfondibile blu oltremare: un certo Paperello Sanzio, figlio dʼarte e talentuoso papero. Sulle tracce del grande artista rinascimentale, ancora una volta, Paperone si ritrova Italia, in un viaggio quasi metaletterario e del cuore, godibile dallʼinizio alla fine. Non mancheranno i colpi di scena e la presenza, malefica ma non troppo, della maga Amelia, la fattucchiera combinaguai più amata del reame, forse implicata nella scomparsa dei monili.
Si tratta di una bella iniziativa, adatta ad un target trasversale, per ricordare le opere di un genio immortale.
Perché Raffaello è così amato, ancora oggi, in un mondo che sembra aver dimenticato la bellezza?
I motivi sarebbero tanti. Fra questi, sicuramente possiamo annoverare la morte prematura e mai chiarita, la passione dirompente per una donna, la bella Fornarina, che divenne leggenda, le sensazioni che le sue opere, serene e prive dellʼambiguità leonardesca, ma proprio per questo più misteriose, suscitano in noi. Nato ad Urbino nel 1483, Raffaello si affermò ben presto come uno degli artisti più rinomati, nonostante la giovane età. Morì in un Venerdì Santo, a Roma, il 6 aprile 1520, per ironia della sorte nel giorno del suo genetliaco, allʼapice della gloria. Le sue spoglie furono sepolte al Pantheon e sono tuttora meta di un costante pellegrinaggio laico.
A proposito della sua dipartita, Giorgio Vasari parlò di una non meglio precisata “febbre amorosa”. Egli, infatti, scrisse: “…era persona molto amorosa affezionata alle donne e ai diletti carnali (…)Faceva una vita sessuale molto disordinata e fuori modo (…) dopo aver disordinato più del solito tornò a casa con la febbre…”.
Non è la prima volta e non sarà lʼultima che ʻʻTopolinoʼʼ rende omaggio ai pittori con lo scopo di promuovere lʼarte attraverso il fumetto. L’esordio del topo nel nostro Paese avviene nel 1932 con una prima testata pubblicata dall’editore fiorentino Nerbini, ma è nell’aprile del 1949 che nasce l’albo in formato “libretto”, all’epoca pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore. Da allora, il settimanale ha attraverso indenne numerose tempeste ed ha accompagnato generazioni di italiani, veicolando la passione per le storie di carta e lʼamore per la cultura in tutte le sue manifestazioni, seguendo la grande lezione di Lyonel Feininger, il famoso artista espressionista che utilizzò, per primo, il fumetto, per trasmettere il senso più profondo della rivoluzione delle grandi avanguardie.
Sicuramente, la pubblicazione rappresenta un bel modo per trascorrere il tempo e allevia la nostalgia delle mostre che non possiamo ammirare e delle manifestazioni come il Comicon, che da sempre esplora le felici contaminazioni fra arte e fumetto.
É andata così, ma gli eroi della Disney ci hanno sempre insegnato a rialzare la testa malgrado le difficoltà, perché proprio nellʼ ora più buia, la (mala) sorte può cambiare.