di Mariateresa Di Pastena
A Radio Svago Web, in un servizio andato in onda in occasione della Festa della Donna, è intervenuta Antonella Leardi, che rappresenta appieno la forza ed il coraggio delle donne. Quasi quattro anni fa, ha vissuto, insieme alla sua famiglia, un dolore indescrivibile: quello per la perdita di suo figlio, Ciro Esposito, che, dopo essere stato colpito brutalmente, il 3 maggio 2014, a Roma, prima della finale di Coppa Italia, Fiorentina-Napoli, ha, dopo cinquantatré lunghissimi giorni di agonia e sofferenze, purtroppo, perso la vita, lasciando un vuoto incolmabile. Un bravo ragazzo di soli ventinove anni, che, per il Napoli, aveva una vera e propria passione fin da bambino e che, anche quel giorno, quindi, era partito con il suo solito zainetto, uscendo da casa in fretta e furia, per non fare tardi alla partita. Sorridente, entusiasta, solare. Mai avrebbe immaginato che qualcuno di lì a poco avrebbe spento il suo bel sorriso, il suo entusiasmo. Che qualcuno avrebbe spezzato la sua bella famiglia.
Antonella, tu, da quel tragico momento in poi, hai dimostrato di essere una grande donna ed una grande mamma: hai lottato, e lotti tuttora, contro quella stessa violenza e quello stesso odio con cui ti è stato strappato tuo figlio Ciro. Dove hai trovato e dove trovi ancora tanta forza?
La mia forza è nella fede e nell’amore verso quel figlio che mi è stato tolto in un modo atroce e che ho avuto la gioia di avere accanto a me solo per ventinove anni. Un ragazzo allegro, generoso, pieno di voglia di vivere, come racconto nel mio libro, “Ciro Vive”, scritto insieme alla giornalista Vittoriana Abate. Lui mi ha lasciato dei ricordi bellissimi. Anche questi sono la mia forza.
Tu sei anche una donna molto generosa: insieme alla tua famiglia, attraverso l’Associazione “Ciro Vive”, dai vita a tante iniziative benefiche. Quanto è importante, per te, aiutare gli altri?
E’ importantissimo. Non solo aiutarli con cose materiali, ma anche dando loro una carezza, un abbraccio. Anzi, sono ancora più importanti, soprattutto per chi è solo. E’ molto più bello donare che ricevere.
Se ti volti indietro e poi guardi verso il futuro, cosa vedi?
Se mi volto indietro, vedo il grande vuoto che è la mancanza di Ciro, ma poi penso anche ai tanti giovani con cui mi sono confrontata, in questi anni. Per loro, la morte di Ciro è un esempio, un monito. Non dimenticano come e, soprattutto, perché è morto mio figlio. Vedono in lui un ragazzo semplice, uno di loro, che però ha rischiato e perso la vita per proteggere gli altri. Ciro ha avuto anche tanti riconoscimenti istituzionali, ad esempio il 25 giugno scorso (terzo anniversario della sua scomparsa) grazie alla Giunta comunale, al sindaco Luigi De Magistris e all’assessore Alessandra Clemente, gli è stato intitolato il “Parco Ciro Esposito”, ex Villa Comunale di Scampia. Se guardo avanti, spero che le autorità si possano destare e che tutti i giovani siano più sensibili e collaborativi per poter, un domani, dare una testimonianza positiva. Spesso incontro i ragazzi nelle scuole, metto al loro servizio la mia esperienza, quella di Ciro, e mi accorgo dal loro sguardo che hanno una reazione molto forte, si commuovono davanti ad una madre che ha perso un figlio ed è uno scambio reciproco di emozioni.
Hai mai pensato di chiuderti in te stessa e nel tuo dolore?
Questa tentazione convive con me. A volte la fiducia diminuisce, anche perché ho incontrato persone che purtroppo hanno strumentalizzato il mio dolore e la mia persona ed hanno anche criticato il mio operato. Poi l’amore che mi danno Dio e mio figlio mi fa continuare a guardare avanti, verso la meta, che è l’Amore, la Pace. E lascio che l’amarezza rimanga a chi è in cattiva fede. La morte di Ciro non deve restare vana. Mi auguro che nessuna mamma possa provare un dolore così grande.
Com’era Ciro, nei tuoi confronti?
Ciro era molto affettuoso. In varie occasioni, come la festa della donna o della mamma, mi faceva trovare una rosa. Se mi mettessero tutto il mondo davanti e un figlio come Ciro, e poi mi dicessero di scegliere, non avrei dubbi.
Da quando Ciro non c’è più, com’è cambiato il rapporto con gli altri tuoi due figli?
Ora non do niente per scontato, assaporo ogni momento con loro, ma senza essere oppressiva né invadente. Cerco di non vivere nella paura che possa accadere qualcosa di brutto, perché ciò non mi aiuterebbe a vivere. Però, quando mi spavento per qualcosa, vedo gli occhi di Ciro che mi incoraggiano.
Sei anche nonna…
Sì, e ne sono felice. Mia nipote ha 14 anni, si chiama come me, e ha vissuto diversi anni proprio in casa con noi. Lei mi rende orgogliosa, è un grande dono, per me, e mi dà una forza grandissima. Ora non vive qui a Napoli, ma ogni volta che viene è un’emozione enorme, io mi preparo come se aspettassi un grande amore! E in effetti lei lo è, comunque!
Cosa sognavi, da bambina?
Da bambina avevo il desiderio di diventare mamma, ci pensavo già a tredici anni! La famiglia per me è un dono meraviglioso: i miei tre figli li rifarei un milione di volte. In mezzo ai miei “uomini”, io mi sono sempre sentita una regina.
Cosa rappresenta, per te, la Festa della Donna?
La rivendicazione dei nostri diritti. Naturalmente, questa data è un simbolo, perché non esiste una giornata sola: le donne devono essere rispettate tutti i giorni. Proprio la mattina dell’otto marzo, sono stata invitata al Nuovo Teatro San Carluccio dove si terrà un convegno sul ruolo della femminilità tra passato e presente, e durante il quale riceverò un riconoscimento, insieme ad altre donne che si sono contraddistinte nel territorio campano. Come donna e come mamma, questo, per me, è un grande onore.
Ma perché, secondo te, ci sono ancora tanti episodi di mancanza di rispetto, di soprusi e di violenza nei confronti delle donne? Cosa bisognerebbe fare per evitare tutto ciò?
E’ una domanda molto difficile… E’ fondamentale il rispetto reciproco tra marito e moglie, tra l’uomo e la donna, tra le persone. Va insegnato non solo in famiglia ma anche nelle scuole, perché i bambini e i ragazzi di oggi saranno gli uomini di domani. La donna è un supporto per l’uomo, quest’ultimo forse teme di poter essere scavalcato da lei. Purtroppo, alcuni uomini vorrebbero ancora dominarla, vorrebbero comandare, come si faceva tantissimi anni fa. Forse temono proprio la nostra forza.