di Mariateresa Di Pastena
L’ennesima conferma che uno dei segreti di Un posto al Sole, la nostra amatissima soap made in Naples, è quello di rappresentare una piccola società in itinere che rispecchia sempre la realtà, e con essa le problematiche sociali, attuali e ‘psicologiche’ che inevitabilmente la caratterizzano, è il successo del personaggio interpretato in modo davvero realistico, eppure soave e poetico, dalla bravissima attrice napoletana Antonella Prisco: la vigilessa Mariella Altieri. Una donna apparentemente fragile e remissiva che, però, grazie alla forza dei suoi sentimenti e dei suoi saldi principi, nonostante il destino la costringa a metterli continuamente in discussione, difende a spada tratta il suo grande amore per Guido (Germano Bellavia) e la sua grande amicizia per Salvatore Cerruti (Cosimo Alberti). Sebbene la situazione, in cui Mariella cerca di destreggiarsi, appaia a dir poco intricata ed inverosimile (galeotto fu il comando della polizia municipale, in cui ebbe inizio l’intrigo amoroso: lei ora finge che il padre del suo bambino sia l’amico Salvatore, con cui convive, nascondendo la verità a Guido, che ormai è diventato una sorta di ‘amante’, pur essendo in realtà l’ignaro padre naturale del piccolo Lorenzo, detto Lollo), non così, purtroppo, appaiono i motivi per cui i due amici portano avanti questa messinscena. Mariella, infatti, è combattuta tra l’amore e l’amicizia: pur amando Guido, non vuole tradire Salvatore e cerca di proteggere lui e il suo legittimo desiderio di paternità dai pregiudizi, soprattutto quelli del padre Catello (l’attore Benedetto Casillo, graditissima new entry nella soap), e di sostenere la maschera che l’amico è costretto ad indossare solo perché semplicemente omosessuale (e qui purtroppo, riguardo ai pregiudizi, la verosimiglianza con la nostra realtà entra prepotentemente in scena).
Incontriamo Antonella nel foyer del teatro Acacia, prima di una serata- spettacolo di solidarietà, insieme ai suoi altrettanto bravi colleghi di Un posto al Sole, Riccardo Polizzy Carbonelli e Cosimo Alberti, con i quali è impegnata, per l’occasione, a contribuire, e a dar voce, alla lotta contro il neuroblastoma: di lei ci colpiscono subito la sensibilità, la spontaneità e la solarità. Un vero vesuvio di emozioni e di entusiasmo che esplode nel suo modo di parlare e nel suo sguardo luminoso: mentre si racconta con dolcezza e allo stesso tempo con un’ energia contagiosa, i suoi occhi emanano, infatti, una luce particolare che trasmette appieno la sua passione per la vita e per il suo lavoro, ma, soprattutto, l’enorme felicità e la gratitudine per aver ricevuto, lei e suo marito Nicola, dalla vita il regalo più bello: il piccolo Vincenzo.
Tu e Mariella, il personaggio che interpreti in Un posto al Sole, avete avuto un bambino quasi contemporaneamente… Se tu dovessi descrivere cosa significa, per te, essere diventata mamma..
Non credevo che avere un figlio potesse cambiarmi, invece devo ammettere che è un’esperienza molto forte che mi ha completato, o meglio ha completato una parte di me e, in qualche modo, quindi, mi ha cambiata. Con questo non voglio assolutamente dire che le donne che non diventano mamme non sono complete… Se dovessi descrivere quello che ho provato, direi che è un tripudio di emozioni. Prendendo in prestito il titolo di un film che adoro, è… “la pazza gioia”!
Oggi, in particolare, è ancora più difficile, ed è una grande responsabilità, crescere ed educare un figlio. Quali sono i valori più importanti per te e che quindi vorresti trasmettere a tuo figlio?
Spero di trasmettergli per prima cosa il rispetto per se stesso, poi il coraggio di portare avanti le sue idee, ed il rispetto per gli altri. Di insegnargli che è sì giusto essere determinati, nella vita, ma senza mai calpestare chi ci ti sta intorno.
Tu vieni dal teatro, che sicuramente ti ha formata… Quali sono le esperienze che ti hanno maggiormente arricchita?
Io ho fatto un teatro eterogeneo: quello classico, con Renato Carpentieri, che è stato un vero maestro, nel progetto Pulcinella al teatro Mercadante; poi ho avuto la fortuna di lavorare con i fratelli Massimiliano e Gianfranco Gallo, e, dopo, con Gigi Savoia. Sono tre generi, quindi, completamente diversi che mi hanno dato la possibilità, appunto, di crescere su terreni diversi.
Ma la passione per il teatro quando è nata?
Nell’età che io ritengo più critica, o almeno per me lo è stata: intorno ai sedici anni, quando si decide chi si vuole essere, ci si mette in gioco e si ha il coraggio di fare delle scelte, di affrontare le proprie paure.
Tornando ai tempi della scuola, che cosa è rimasto nel tuo cuore?
Il mio ricordo più bello delle scuole medie sono le amicizie, nel bene e nel male… E’ un’età, anche questa, in cui decidi un po’ chi sei e da che parte stare: ti confronti con buone e, a volte, brutte compagnie e ti rendi conto fino a che punto puoi spingerti. Il ricordo più forte è legato proprio al fatto di aver frequentato per un periodo ragazze che avevano famiglie non troppo solide alle spalle o che venivano da un contesto familiare e sociale un po’ diverso dal mio, e che, ad esempio, fumavano. Ma anche questo mi ha formata e fatto fare le scelte giuste, perché mi ha messa alla prova. Alle superiori, invece, ho capito che volevo davvero fare teatro, saltavo i Mak P, e con quei soldi frequentavo il corso di teatro, poi pensavo ai provini…Insomma, avevo già le idee chiare…
E qualche amica che è rimasta al tuo fianco, da allora?
Dai tempi della scuola… nessuna in particolare, nel senso che ci salutiamo per strada, ma non ci frequentiamo. Invece, coltivo ancora una grande amicizia nata il primo giorno, a teatro, con Marika: è la mia migliore amica. Anche se lei poi non ha continuato a fare teatro, tra noi è rimasta questa grande amicizia e, naturalmente, una grande stima. Anche questa è una delle tante funzioni del teatro…
Se dovessi descrivere te, e poi Mariella, con tre aggettivi qualificativi…
Io sono esagerata, nel bene e nel male, e in tutto. Vivo ogni cosa in modo esagerato ed amplificato, fa parte del mio carattere. Poi credo di essere generosa, ho a cuore tante situazioni che riguardano il sociale, sono particolarmente sensibile a determinate tematiche. E sono una persona determinata, nel senso che cerco di raggiungere i miei obiettivi, ma sempre senza sgomitare o calpestare gli altri: questo è un aspetto che non mi appartiene. Mariella, invece… è esagerata anche lei, grazie a me che l’ho contagiata, poi è ingenua: anche quando cerca di fare la furba, o di dire bugie a fin di bene, è sempre pura come una bambina.
Ora puoi regalare un tuo difetto a Mariella, e rubarle un pregio…
Quello di essere sospettosa, che è una forma di cautela e di difesa, per me, lo regalo a Mariella. A lei rubo la capacità che ha avuto di capovolgere e stravolgere completamente la sua vita e le sue prospettive: lei avrebbe voluto, in quest’ordine, il lavoro, poi il matrimonio, con una famiglia tradizionale, e un figlio. Invece ha avuto l’intelligenza e l’elasticità di mettersi in gioco e di accettare quello che il destino le ha riservato.
Un Posto al Sole è sempre al passo coi tempi nell’affrontare tematiche sociali importanti. La stessa Mariella, in qualche modo, se ne fa portavoce…
Lei, insieme a Salvatore, veicola il messaggio contro l’omofobia ed è la spalla su cui lui ha pianto e piange nei momenti di sconforto. Ma Mariella gli infonde soprattutto il coraggio di lottare contro un padre omofobo e ‘troglodita’, come lei stessa lo definisce, e di superare il baluardo del padre che vuole vedere nel figlio il maschio alfa, il maschio a tutti gli effetti. Pur essendo, nella sua indole, tradizionale e tradizionalista, Mariella rompe gli schemi della donna tradizionale: infatti lei ha avuto un figlio da questa relazione non ufficiale con Guido e poi lo fa crescere in questa sorta di famiglia ‘alternativa’ insieme al suo amico Salvatore. Insomma, si fa portavoce della famiglia non tradizionale.
Si evince sempre una grande armonia tra tutti voi di Un posto al Sole, sul set e fuori… Ma tu hai un sogno nel cassetto?
E’ vero, è proprio così, l’armonia c’è, eccome! Il mio sogno è un film con Paolo Virzì… Mi piace tutto ciò che fa, ma proprio tutto!
E se tu potessi regalare un pregio ai napoletani ed eliminare qualcosa di loro che non ti piace, un difetto…
Una caratteristica dei napoletani che non mi piace è l’autodistruggersi, l’eccessivo autocriticarsi. Quando poi lo fanno gli altri, nel senso che li criticano, ci rimangono male. Regalerei, quindi, la capacità di reagire, di non accettare passivamente ciò che non va, e di valorizzarsi.