di Marco Martone
De Laurentiis attende il primo timido ma importante, segnale di ripresa da parte della squadra, per esternare il proprio pensiero. E lo fa alla sua maniera, senza mezzi termini, senza giri di parole, in modo diretto, perché tutti capiscano, comprendano e magari, legittimamente, contestino pure.
Il twitt della discordia, questa volta, arriva dopo la bella prestazione del Napoli all’Anfield. Il pareggio di Liverpool non è un’impresa titanica ma un risultato di prestigio si. Perché di fronte gli azzurri avevano i campioni d’Europa, che di norma non fanno sconti a nessuno, soprattutto tra le mura amiche. Parlare prima di questa partita, come auspicato da molti, sarebbe stato azzardato e rischioso. Altra carne a cuocere su una brace sulla quale si sono divertiti a sistemare le proprie portate opinionisti, operatori dell’informazione e tifosi di ogni risma. E invece il presidente ha scelto il momento giusto e anche la situazione ambientale migliore per far sentire la propria voce.
Forse ha sbagliato, come spesso gli capita, la forma, cogliendo in pieno, invece, la sostanza del discorso. Definire “gufo” una persona non è poi un’offesa di quelle che si debbano lavare con il sangue. Ben più gravi sono le dichiarazioni avventate, le analisi poco obiettive, le ipotesi e le false notizie che, bisogna dirlo, sono circolate a go-go in questi giorni, su siti online e sulle pagine di prestigiosi quotidiani. Gli audio che riportavano di risse, lavagnette e frasi ingiuriose, tra le mura dello spogliatoio nel dopo Napoli-Salisburgo, ne sono un eclatante e infimo esempio.
Gufare è un termine mutuato dal modo in cui amano esprimersi le giovani generazioni, per definire cassandre e annunciatori di sventure. Nulla di devastante insomma. La vigilia di Liverpool-Napoli è stata un fiorire di pallottolieri sui quali annotare i gol che il napoli avrebbe dovuto subire. C’è chi aveva parlato di gara da ultima spiaggia, di crisi conclamata, di crepuscolo per l’allenatore prossimo all’esonero e di ammutinamento definitivo dei calciatori.
Invece arriva una prestazione convincente, da vera squadra, condita da un risultato positivo. Ed ecco che scatta lo sfizio di togliersi qualche sassolino e gettarlo in faccia ai precursori di sventura. I “gufi” appunto, quelli che preferiscono vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto, per poter essere i primi a dire “io l’avevo detto”. I primi poi a cambiare idea, quando le cose vanno bene ed a passare, come acrobati, dall’altra parte della barricata.
Il “gioco delle parti”, come diceva Totò.