(di Eleonora Belfiore) –
Fino al 13 luglio, Castel Sant’Elmo ospita Dignità Autonome di Prostituzione, lʼacclamato spettacolo di Luciano Melchionna. Da un format di Betta Cianchini e dello stesso Luciano Melchionna, con la coproduzione della Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e dell’Ente Teatro Cronaca VesuvioTeatro, lo spettacolo si dipana tra riflessioni filosofiche, intrecci narrativi complessi, monologhi, canti e balli che lasciano gli spettatori a bocca aperta. Per questa edizione, Castel Sant’Elmo diventa la cornice ideale e suggestiva di un happening unico al mondo. Dal 2007, la Casa Chiusa dell’Arte più famosa d’Italia è uno scrigno di storie in perpetuo divenire, la cui magia si rinnova di anno in anno.
Gli attori sono alla mercé degli avventori e ognuno di loro racconta un frammento di storia, tessera di un mosaico più grande e collettivo. Tutti rappresentano lo scricchiolante ingranaggio di una ruota dominata dal destino, dalle inquietudini proprie dell’essere umano sospinto troppo spesso dai venti dell’ambizione e della fragilità a navigare in acque oscure e incerte. Il postribolo che ad ogni edizione si sposta di continuo diventa metafora del cammino perenne dell’uomo, che incede con passo non sempre sicuro lungo i sentieri della vita.
I dollarini, i soldi fittizi che si ricevono all’ingresso, pagano idealmente le performance degli attori scelti, gli spettatori possono contrattare con le tenutarie e i tenutari della Casa diventando così parte integrante dello show che ha, fra i suoi punti di forza, lʼimprovvisazione.
Emergono, nei monologhi degli attori, storie fittizie, romanzate o sognate, o prese in prestito persino dagli stessi spettatori, ma tutte sono vere nel saper descrivere magistralmente i moti dell’animo umano, nel saper tratteggiare con viva partecipazione ritratti di uomini e donne la cui vita viene dissipata tra lussuria, assenzio e piaceri effimeri e disperati, in attesa di quel palpito, di quel brivido che da solo vale il riscatto di una esistenza spesso triste e solitaria. Un sogno che quasi sempre, invece, non si realizza. Ma non solo; cʼè spazio anche per uno sguardo alla nostra società sempre più confusa e incerta, per una riflessione sul ruolo dellʼArte o sullʼincapacità, cieca e ottusa, di non saper investire nella cultura, come ad esempio dimostrano i toccanti, feroci e sarcastici monologhi di “Nudo gratuito” e “La tarata”.
E allora, lo spettatore torna a casa con l’idea di aver assistito a un dramma collettivo che rende tutti, indistintamente, vittime e carnefici, merci di facile uso e consumo e soggetti attivi, né più né meno che oggetti traballanti su una mensola instabile.