di Marco Martone
«Fosse per me proporrei Papa Bergoglio come sindaco di Roma. Perché è l’unico veramente sopra le parti, che non guarda in faccia a nessuno e non parla di aldilà, né dice che questa vita è di passaggio. Piuttosto invita tutti noi a viverla bene e questo è il messaggio giusto che deve passare». È l’Edoardo Bennato di sempre, provocatorio e un po’ surreale, quello che risponde alle domande dei giornalisti, in una saletta della libreria Feltrinelli in piazza Dei Martiri, prima di incontrare un centinaio di persone, accorse per la presentazione del suo ultimo lavoro discografico “Pronti a salpare”. Una sala gremita che ha ascoltato alcuni brani dal vivo del cd, prima del dibattito moderato dal giornalista del Mattino, Federico Vacalebre. «Mi considero una persona fortunata, perché ho la possibilità di parlare, attraverso la musica, di argomenti che interessano, o almeno dovrebbero interessare, tutti», spiega Bennato, che poi aggiunge, «la musica leggera, spesso, serve a non pensare. La mia musica, invece, porta a discutere di argomenti che riguardano ognuno di noi. La musica può dare energia, carica positiva, e questo è l’obiettivo che cerco di raggiungere con le mie canzoni».
Un disco dove si parla molto di Napoli, città dai mille volti, che Bennato dimostra di conoscere e amare.
«Noi siamo fortunati a vivere nella città più bella del mondo. Io ho girato tanto e non c’è un’altra realtà simile. È però una fortuna che ci dobbiamo meritare. La nostra città ci appartiene e noi dobbiamo sentirci i proprietari della nostra città, vivendola bene». Un senso di appartenenza che non sempre è dimostrato. «L’unico luogo dove i napoletani si incontrano, superando ostacoli sociali e differenze di ogni tipo è lo stadio. Lì impazziamo per il Napoli, poi viviamo male la città, che andrebbe invece difesa a oltranza e in tutti gli ambiti, aldilà delle utopie». A proposito di utopie, nel disco uno dei pezzi è un inno alla realtà. «Nel brano “Io vorrei che per te” parlo di un’isola dove si può andare davvero e che non sia solo il regno di Peter Pan. Ormai non è più il tempo delle utopie».