In occasione del convegno “Ti proteggo”, organizzato da Fondazione ANIA e Polizia, tenutosi a Roma nei giorni scorsi, la relatrice Francesca Fialdini, giornalista e conduttrice di Uno Mattina è stata chiamata ad esprimere la sua opinione sul delitto di Vasto, in cui Fabio Di Lello ha ucciso Italo D’Elia, e sul ruolo centrale dei giornalisti nell’ambito della comunicazione, specie televisiva.
Il tema del panel era “Protezione Psicologica” erano presenti tra gli altri relatori Anna Maria Giannini, ordinario di psicologia generale dell’Università de La Sapienza di Roma, e Emanuela Tizzani, psicologa della Polizia di Stato.
La giornalista RAI ha esordito precisando “siamo degli esseri umani e abbiamo la responsabilità e non, quella del pubblico che ci ascolta. Il pubblico comprende tutti: comprende il legislatore, comprende le persone normali, comprende chi abbia voglia e responsabilità e comprende anche i familiari delle vittime”.
Rispondendo ad una domanda dalla platea ha dichiarato “lei fa benissimo a mettere in rilievo ciò che reputa, inesatto, incongruente e a volte anche offensivo, non credo sia il caso di Uno Mattina, ma se così fosse farebbe bene a dirlo”.
Francesca Fialdini ha evidenziato quanto l’esempio di Vasto sia “un esempio molto complicato, perché se andiamo a vedere la situazione per quanto sappiamo, per la ricostruzione che è stata fatta e non ho modo di smentire i miei colleghi, il ragazzo che aveva investito Roberta, a sua volta ucciso, si era fermato e aveva prestato soccorso, non aveva superato alcun limite di velocità, non aveva assunto alcuna sostanza stupefacente e non aveva bevuto alcolici. Un dato che dobbiamo registrare”.
Proseguendo il suo racconto, la conduttrice di Uno Mattina ha ricordato come “dall’altra parte c’era una famiglia, che quella sera stessa avrebbe dovuto festeggiare la nascita del futuro figlio. Avevano convocato, infatti, i parenti, gli amici, e stavano solo per dare la notizia a tutti quanti”.
Un uomo distrutto Fabio Di Lello, che, all’improvviso, vede completamente recisa la sua vita e tutto quello che nella sua vita desiderava raggiungere e portare a compimento.
Prosegue la giornalista Fialdini “poi c’è la giustizia, ci sono state le indagini ma sei mesi sono il tempo fisiologico. Il processo sarebbe iniziato a breve, se volessimo ulteriormente accorciare i tempi dovremmo un miracolo al sistema italiano. Perché noi sappiamo che la giustizia in Italia è incancrenita, in questo c’è un progetto, c’è un disegno di legge da fare ci sono riforme da fare, però nel caso specifico di Vasto, probabilmente in questi sei mesi è mancato altro a Fabio Di Lello, in quanto la risposta della giustizia stava per arrivare”.
A conclusione del suo intervento, ha evidenziato che “Italo D’Elia non era andato via, si era assunto le sue responsabilità, la sua famiglia non era fuggita di fronte a quanto era accaduto, e lo stesso Italo è normalissimo, in quei sei mesi non aveva la patente, non usava il motorino come è stata detto in un primo momento, usava soltanto la bicicletta e solo se aveva il coraggio di uscire.
Perché tutto intorno a lui non parlava di solidarietà di comprensione, davvero quando si dice tre famiglie distrutte c’erano tre famiglie distrutte”.
Secondo Francesca Fialdini “se nella ricostruzione dei fatti c’è chi è partito dall’arma lasciata sulla tomba, certo che ha commesso un errore o certo che non si deve fermare tutto lì. Però quella pistola è l’indice di qualcosa, ci interpella tutti, una cittadinanza intera, il rapporto che abbiamo sui social quando andiamo ad alimentare odio”.