Si torna a parlare di riordino del settore dei giochi online e riprendono le iniziative normative e della giurisprudenza per rendere il gambling un settore sempre più sicuro. A questo proposito ha fatto notizia la decisione della Corte di Cassazione chiamata a rispondere a un ricorso effettuato dal titolare di una società. Si criticava l’ordinanza di ingiunzione con la quale l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva irrogato una sanzione amministrativa. A essere violati erano gli Art. 110, commi 6, 7, 9 e 9 bis del Tulps, che parlano di violazione per avere installato o comunque messo a disposizione nel proprio locale adibito a sala giochi sei apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche: “La disposizione ha introdotto una nuova ipotesi sanzionatoria, che sanziona chiunque consente, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, di effettuare giochi online, in assenza dei prescritti provvedimenti autorizzativi, a prescindere dalla natura del gioco effettuato”.
Una sentenza che ha un grande pregio: quello di ricordare a tutti l’importanza del gioco legale. Che sia gioco fisico o a distanza. L’unica modalità per scegliere tra i migliori portali di casino online in Italia è quella infatti di far ricadere la propria attenzione su quelli certificati, con regolare licenza per l’Italia, trasmessa da ADM, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato.
La Cassazione ha inoltre ritenuto la violazione esistente dal momento che ha rilevato apparecchi installati che “consentivano il collegamento con una piattaforma telematica di raccolta di giochi a distanza dove era possibile accedere a giochi con vincita in denaro (quali poker Texas hold’em ), scommesse online (quali lotto, gratta e vinci ) e giochi a rulli virtuali e che tali apparecchi non erano collegati alla rete telematica di cui all’art. 14 bis Dpr 640 del 1972, erano privi di codice identificativo verifica/videolottery, e non osservavano le prescrizioni di cui al decreto direttoriale Aams (ora Adm. Ndr) del 22 febbraio 2010”. Così si legge sulla precisazione della Corte d’Appello di Milano.
Dei cinque motivi di ricorsi, i giudici della cassazione hanno accettato il quinto ma negato i primi quanti. Si è dato quindi seguito a quello che denunciava la “violazione o falsa applicazione dell’art. 3 legge n. 689 del 1981, censurando la decisione per non avere esaminato il motivo di appello con cui la parte reiterava la deduzione difensiva circa l’insussistenza dell’elemento soggettivo della violazione”.
Una conferma ulteriore su come l’unico gioco da seguire sia quello legale, pubblico e trasparente.