di Marco Martone
Quando Mertens ha indirizzato il pallone verso il petto di Higuain, non uno dei sessantamila allo stadio, né tutti quelli che erano davanti alla televisione, hanno pensato, neanche per un solo attimo, che l’azione non finisse così come è finita. Con la rovesciata del Pipita e la sfera che finiva, imparabilmente, alle spalle del portiere avversario. Perché il calcio è anche magia e quando c’è da vivere un sogno è giusto che tutto vada così come il dio del pallone ha deciso. Il gol numero 36 di Gonzalo Higuain, che gli ha consentito di battere il record di Nordhal, è un colpo d’artista, di quelli che riescono solo ai campioni ed è un gol che per forza di cose, per destino appunto, doveva arrivare in quello stadio, davanti a quella folla di tifosi e sotto quel nubifragio, che ha reso il tutto ancor più mitico, indimenticabile. Napoli-Frosinone è tutta in quella parabola che parte dal piede d’oro del giocatore più forte del torneo e finisce nella rete ciociara, per la gioia di tutti e forse paradossalmente anche degli avversari, partecipi di un momento storico del calcio italiano. Per il resto un Napoli chiaramente superiore, anche grazie alla superiorità numerica, per un’espulsione difficilmente comprensibile, che però ha faticato non poco per passare in vantaggio. Il gol nel finale di primo tempo, di Hamsik ha messo le cose a posto e spento le velleità di un Frosinone sceso al campo per fare la sua partita, con grande determinazione e sportività. La ripresa è stato il tripudio di Higuain che ha segnato tre reti è entrato nella storia e ha suggellato una stagione strepitosa. Ora ci sarà da programmare la prossima stagione, con Sarri confermato da De Laurentiis, cui però la “frecciatina” dal presidente è arrivata a fine gara (“sono c… tuoi, perché devi far giocare tutti i 19 giocatori”). Un messaggio chiaro. L’organico va sfruttato in toto, perché se c’è un solo rammarico in questa stagione da record è di aver visto in campo, quasi sempre, gli stessi protagonisti, a discapito di un potenziale in panchina che forse, se sfruttato meglio, poteva consentire un finale di torneo con minori affanni.