di Mariateresa Di Pastena
“La Paranza dei Bambini”, il film presente nelle sale cinematografiche dal 13 febbraio, e premiato a Berlino, merita delle riflessioni. Prodotto da Palomar con Vision Distribution, in collaborazione con Sky Cinema e TIMVISION, e distribuito da Vision Distribution, è tratto dall’omonimo romanzo del rinomato scrittore Roberto Saviano (che non ha certo bisogno di presentazioni), nel quale aveva descritto una delle realtà più cruente e dolorose della nostra meravigliosa città (e che non appartiene certo solo a quest’ultima). Il bravissimo regista Claudio Giovannesi, che ha scritto il film insieme a Roberto Saviano e a Maurizio Braucci, ha trasformato quelle descrizioni in immagini e scene che rendono quella stessa realtà ancora più verace e tangibile. Dopo aver deciso di dar vita a tutte le parole che si erano già abbracciate e scontrate nel libro, per farle camminare c’era bisogno di volti, voci, gesti. E allora hanno cercato nel napoletano, tra persone comuni, dei ragazzi adatti a quel film, da trasformare in attori. O meglio, ne cercavano soprattutto uno, e lo hanno trovato. Così, è stato voluto fortemente, tra quattromila ragazzi ‘provinati’, Francesco Di Napoli. E chi vede il film, capisce subito perché proprio lui. Anche gli altri, sempre dei giovani attori non professionisti, (tra gli attori famosi, ricordiamo Renato Carpentieri) sono tutti molto bravi nell’interpretare i vari personaggi (Ar Tem – Tyson, Alfredo Turitto – Biscottino, Ciro Vecchione – O’ Russ, Ciro Pellecchia – Lollipop, Mattia Piano del Balzo – Briatò) , ma, fra tutti, spicca il carisma di Francesco Di Napoli: uno sguardo che buca il video e comunica tutte le emozioni contraddittorie e frenetiche, in evoluzione, che attraversano l’anima di Nicola, il personaggio che interpreta.
Nonostante la storia e le tante scene violente, che quasi ‘schiaffeggiano’ chi guarda il film, lui ha quell’ingenuità nello sguardo, la stessa con cui appare nelle prime scene, come quella in cui bacia la mamma affettuosamente e quella in cui cerca timidamente di proteggerla dal male. Quel male di cui lui è, paradossalmente, prima vittima, poi artefice. Così, quello sguardo che all’inizio sembra lento, quasi rassegnato, poi comincia a galoppare veloce, eppure resta lo stesso, per chi l’osserva attentamente. La pistola nelle sue mani, e in quelle degli altri adolescenti del gruppo, sembra un giocattolo, ma purtroppo non lo è… E anche quando, insieme a loro, incontra una nemica subdola e spietata come la droga, e poi la spaccia, e poi chiede il pizzo, e poi uccide pur di ‘fare soldi’ che gli permettano un tavolo da cinquecento euro in un locale, e vestiti costosi… nonostante tutto ciò, quell’innocenza si rifiuta di sparire dal suo sguardo, non si arrende, e lotta dentro i suoi occhi.
Purtroppo, questo può accadere, nella realtà, in ogni parte del mondo: soldi facili, soldi sporchi, soldi maledetti, in cambio della coscienza, dell’onestà, del vero senso della vita, e, a volte, della vita stessa.
L’insegnante d’Italiano, storia e geografia della scuola media di Francesco Di Napoli, guardando la tv, fatica un bel po’ a mandar giù il trailer in cui appare l’immagine del suo carissimo alunno con la pistola in mano, invece che con la penna, come era abituata a vederlo fino a qualche anno prima, per tre anni di seguito, dieci ore alla settimana. Quasi le viene un colpo, a dirla tutta! Non ci pensa due volte ad andare a vedere il film ed ecco che ritrova lo sguardo profondo di quel ragazzino dolce ed affettuoso che la osservava dal primo banco di un’aula della scuola Augusto (ora Michelangelo Augusto). Ogni tanto salta sulla poltrona, durante le scene più cruente, ma lo trova fantastico, naturale, bravissimo. Così si mette in contatto con l’ufficio stampa del film (The Rumors, e, in particolare, con la gentilissima Chiara Bolognesi) e subito dopo rivolge a Francesco, con grande emozione, alcune domande.
Ciao, Francesco, è una gioia ritrovarti! Il film è bellissimo e tu sei stato sorprendente, bravissimo. La tua bravura e la tua spontaneità sono davvero disarmanti. Chi ti conosce, non può non notare che sembri ‘vero’: sembra che tu non abbia fatto nessuno sforzo per trasformarti in Nicola, il protagonista. Come te lo spieghi?
Salve, prof! Che emozione fare un’intervista con lei… Per quanto riguarda la spontaneità, forse mi ha aiutato crescere in un quartiere in cui, come in tanti altri, e non solo a Napoli, esiste anche questa realtà. Ma io non sapevo di saper recitare. Anche quando ho dovuto piangere, ho dovuto pensare a tutte le sofferenze, e ho provato grande gioia quando io stesso mi sono reso conto di essere riuscito ad esternare quelle emozioni.
Una domanda da prof! Descrivi questa esperienza con tre … aggettivi qualificativi.
Emozionante, inaspettata ed impegnativa!
Che cosa è stato più facile e che cosa più difficile?
E’ stato molto facile girare le scene in cui dovevo ridere, insieme agli altri ragazzi, ci veniva spontaneo. Mentre, appunto, quella più difficile è stata proprio dover piangere.
Qual è, secondo te, il messaggio che si pone come obiettivo il film e qual è quello che vuoi dare tu? Sono gli stessi?
Credo proprio di sì… Prima di tutto ci tengo a sottolineare che questo non è un film di denuncia su Napoli, perché potrebbe essere ambientato anche altrove. Il mio personale messaggio è che, chi prende questa strada, passo dopo passo, si avvia verso una fine tragica. La discesa dell’ultima scena rappresenta proprio la sconfitta, il fallimento.
Com’è stato incontrati nomi così grandi come Saviano, Giovannesi, ecc.
All’inizio non credevo fosse tutto vero, cioè che fosse reale, che avrei dovuto fare il film! Sapevo chi fosse Saviano e, quando l’ho incontrato, ero emozionatissimo. Poi, mi ha messo a mio agio, mi ha invitato a parlare in dialetto, quando io con lui mi sforzavo di parlare in italiano. E’ stata un’emozione enorme conoscere il regista e tutti gli altri…
Quali sono i valori più importanti, per te?
L’umiltà, la dignità e la famiglia
Com’è cambiata, ora, la tua vita?
E’ cambiata parecchio! Prima mi alzavo alle cinque di mattina perché facevo il pasticciere, guadagnavo poco. Ora che ho avuto questa fortuna, devo essere bravo a saperla coltivare, a meritarla.
Tornando indietro nel tempo, alla scuola media, cosa ti è rimasto nel cuore?
Tanti bei ricordi: avevamo creato un bel gruppo anche con i ragazzi di altre classi ed uscivamo insieme, ci divertivamo tantissimo. Della classe, che ricordo comunque tutta con affetto, penso ad alcuni in particolare i miei cugini, Assia e Fortunato, poi Francesco B. e Filippo, un ragazzo davvero speciale che ho ritrovato ultimamente e che mi ha fatto tanti complimenti per il film. Mi ha emozionato… E poi ricordo in particolare una professoressa… Indovini chi?
Grazie, anch’io ti ricordo con grande affetto… Ma se tu potessi tornare davvero indietro, che cosa rifaresti e che cosa invece no?
Rifarei tutto, tranne una cosa: non avrei mai abbandonato la scuola superiore… Frequentavo l’Istituto Alberghieri Rossini. Da allora, ho ripensato spesso alle parole di mia madre e alle sue, prof, a quando entrambe, durante i colloqui, mi dicevate di impegnarmi, di mettere a frutto la mia intelligenza, e di non smettere di studiare, altrimenti me ne sarei pentito… E’ stato così! Però, forse, chissà… Se, quel giorno in cui mi hanno contattato per il film, fossi stato a scuola, può darsi che, non trovandomi subito, avrei perso l’occasione! Forse era destino! Però mi rendo conto che la cultura è importantissima, in ogni campo.
Ma, da bambino, che cosa sognavi di fare da grande?
Tante cose! Prima l’ astronauta, poi l’architetto, poi venne un geologo in classe e sperai di diventarlo anch’io… Insomma, cambiavo idea continuamente… Comunque… tutto, tranne che l’attore!
In effetti, ricordo che a scuola eri abbastanza timido…
Poi man mano l’ho superata, la timidezza, prof… Ai primi provini, però, ero molto timido, poi è stato bravo il coach.
Che cosa ti aspetti, ora?
Continuare a fare l’attore! Anche a livello nazionale e, perché no, internazionale! Ma, soprattutto, voglio studiare, per poter diventare sempre più bravo.
Allora buona fortuna, Francesco, te la meriti!
Grazie, prof!