A partire da giovedì 14 novembre 2019 il Petit Palais di Parigi, il museo della capitale francese a due passi dagli Champs Elysées presenta al pubblico per la prima volta in Francia una retrospettiva dedicata al pittore napoletano Luca Giordano (1634-1705), uno degli artisti più brillanti del XVII secolo europeo, curata da Stefano Causa e Patrizia Piscitello. Oggi l’inaugurazione in anteprima della mostra con Sylvain Bellenger direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger e Christophe Leribault, direttore del Petit Palais, curatori dell’intera stagione napoletana a Parigi iniziata un mese fa con l’esposizione dello opere di Vincenzo Gemito “lo scultore dell’anima napoletana” e che prevede, tra l’altro, una rassegna cinematografica, di concerti e conferenze.
L’esposizione vuole esaltare l’eccezionale virtuosità di questo genio del Seicento attraverso la presentazione di circa 90 opere fra tavole monumentali e disegni, riunite grazie a prestiti eccezionali del Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, delle principali chiese della città partenopea e di numerose istituzioni europee fra le quali il Museo del Prado.
Organizzata secondo un’asse cronologica, attraverso confronti con le tele più importanti di altri pittori, il percorso di mostra vuole presentare le opere dell’artista sotto una nuova luce, mostrando come Giordano abbia saputo sfruttare al meglio le diverse correnti stilistiche dell’epoca per arrivare alle forme che sedurranno il suo secolo. Formatosi nel segno di Jusepe de Ribera (1591-1652), spagnolo di nascita, ma napoletano di adozione, Giordano assimila con maestria la genialità di Ribera nell’uso del chiaroscuro, iniziando la sua carriera di successo imitando e omaggiando le opere di Raffaello, Tiziano e Dûrer. Un soggiorno a Roma, intorno al 1653 lo mette tuttavia a contatto con la modernità barocca e le innovazioni di Rubens o di Pietro da Cortona. È grazie alla sua capacità di integrare le innovazioni del suo tempo con i maestri del passato che l’opera di Giordano evolve continuamente dal naturalismo fino alle rappresentazioni barocche di una passione senza pari. Divenuto in breve tempo un’artista conosciuto in tutta la penisola italiana, riceve molte commissioni e completa circa 5.000 dipinti oltre a numerosi affreschi: da qui deriva il suo soprannome di “Luca fa presto”.
È il pittore per eccellenza delle chiese di Napoli, le quali sono piene delle sue pale d’altare di cui la mostra presenterà una selezione. Queste immense composizioni colpiscono per la loro complessa drammaturgia, mettendo in scena i Santi della Controriforma come i protettori della città, in particolare San Gennaro. L’immenso dipinto del Santo che intercede per le vittime della pestilenza ricorda il terribile contesto di questo periodo, il quale vide la più grande città dell’Europa meridionale perdere la metà dei suoi abitanti a seguito della pestilenza del 1656.
La mostra mette in evidenza il contrasto fra composizioni tormentate: la Crocifissione di San Pietro (di Giordano e Mattia Preti), il Martirio di San Sebastiano (idem), il terribile Apollo e Marsia (di Giordano e Ribera) e, in un registro sensuale ereditato da Tiziano, di languida Venere, Arianna abbandonata o Diana e Endimione. La sua influenza si diffuse oltre l’Italia e, se Giordano rifiutò le sollecitazioni reali che volevano attirarlo a Parigi, si stabilì invece alla corte di Carlo II di Spagna dal 1692, dove realizzò enormi affreschi per il Cazón del Buen Retiro a Madrid, il monastero di El Escorial o la cattedrale di Toledo. La mostra evoca anche questo importante aspetto del suo lavoro, offrendo ai visitatori un’esperienza immersiva in una sala di proiezione. Ritornato a Napoli nel 1702, Giordano morì meno di tre anni dopo, lasciando la sua impronta nella città in cui le sue opere affascinarono.