Protagonisti della mostra sono sei grandi busti posati, come le statue classiche marmoree, su bianchi piedistalli. Questi enigmatici personaggi sono realizzati assemblando piccoli oggetti di plastica appartenenti alla categoria dell’usa e getta.
Andrea Barzini, regista, e Silvio Pasquarelli, architetto, grazie ad una ironica quanto rigorosa operazione a cavallo tra ready made e object trouvé usano flaconi, stoviglie, tappi, soldatini… come unità minime, perfettamente riconoscibili nella loro forma originaria, per costruire queste sculture.
Come afferma Cecilia Cecchini: “L’immaginazione e la perizia manuale dei due autori rendono gli umili oggetti che affollano la nostra quotidianità domestica la materia prima ideale per questi imponenti busti. Come fossero surreali mattoncini Lego, vengono stipati a formare precise fisionomie in un ordine che sembra casuale e bizzarro ma che invece, come dimostrano gli schizzi, i disegni preparatori, le foto del backstage, è pensato e controllato fin nei dettagli con paziente meticolosità. La ludica ricerca tra gli scarti degli autori è infatti guidata da una grammatica compositiva rigorosa, testimoniata da un lungo lavoro di catalogazione tassonomica alla Linneo degli oggetti trovati”. Un lavoro restituito nell’ambito della mostra grazie alle affascinanti opere grafiche (bozzetti), ai quadri e all’abaco degli oggetti che nel loro insieme forniscono la chiave di lettura delle opere.
Oltre alla componente ludica tipica del ready made, i sei busti vogliono anche indurre ad una riflessione critica sulla società contemporanea e i suoi voraci consumi. Anche se, come precisa la curatrice: “Non si tratta solo di un’operazione creativa di riuso degli scarti, quanto della realizzazione di nuove narrazioni attraverso quello che potremmo definire il “rigore della fantasia”, a partire dalla spoliazione della funzione di piccoli oggetti arrivati a fine vita”.
La meraviglia, l’immaginazione e lo stupore assumono l’aspetto di cinque personaggi iconici e allegorici: Il Re Sole, la Guerra, l’Estate, Grace Jones e Donna Felicità, più uno del tutto speciale, che vuole essere omaggio alla città di Napoli, Dà Dà Miracolo, uno stralunato santo che indossa una sontuosa mitria fatta con flaconi di sapone.
Oltre ai personaggi, è presente in mostra una santa, La Beata che allude all’Estasi della beata Ludovica Albertoni del Bernini, l’unico oggetto che non fa parte del ciclo di busti, una “Beata trasfigurata, nel coloratissimo mare di plastiche della nostra infanzia, priva di pregiudizi e beatamente ignara di ogni arcigna nozione ecologica: tra i regalini dei detersivi americani e degli ovetti piemontesi, gli omini, i guerrieri, i robot, le forchette, i brandelli dei palloncini, i tappi e i coperchi, i biberon i ciucci, un’ondata tsunamica e oramai introvabile di barocco neomoderno da consegnare anche questa a un passato dietro l’angolo”, come racconta Antonella Greco in un contributo al catalogo edito, in lingua italiana e inglese, dalle Edizioni Fondazione Plart.
Fa parte integrante della mostra il cortometraggio realizzato dai due artisti “Preferisco lo stupore”, un raffinato e divertente corto che riprende lo stile dei grandi del cinema come Charlie Chaplin e Buster Keaton, al visitatore sarà così data l’opportunità di approfondire la parte dedicata alla nascita dell’opera d’arte, quella che rimane, nella maggior parte dei casi, segreta e inconfessata.
La mostra si pone l’obiettivo di divertire e appassionare lo spettatore mantenendo un approccio critico su un tema importante per la nostra società, quello dell’uso, il consumo e il riutilizzo dei materiali polimerici. La Fondazione Plart diviene quindi il luogo espositivo perfetto per abbracciare questo progetto.
Un’esposizione che ben si adatta e si presta agli interessi di una vasta gamma di pubblico, dai bambini ai più adulti, dagli intenditori ai non addetti ai lavori, una mostra da abbracciare sia con i sensi che con l’intelletto.