Gradito ritorno quello di Federico Tiezzi, dal 4 al 9 febbraio al Teatro Mercadante, con lo spettacolo Scene da Faust di J.W. Goethe, di cui, nella versione italiana di Fabrizio Sinisi, firma sia la regia che la drammaturgia.
Accolto con grande successo al suo debutto al Fabbricone di Prato lo scorso maggio, Scene da Faust è interpretato da Marco Foschi, Sandro Lombardi, Leda Kreider (nei ruoli, rispettivamente, di Faust, Mefistofele, Margherita), e da Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Nicasio Catanese, Valentina Elia, Fonte Fantasia, Francesca Gabucci, Ivan Graziano, Luca Tanganelli.
Le scene e i costumi sono di Gregorio Zurla; le luci di Gianni Pollini; le coreografie di Thierry ThieûNiang; il canto di Francesca Della Monica.
La produzione dello spettacolo è del Teatro Metastasio di Prato/Compagnia Lombardi–Tiezzi in collaborazione con Fondazione Sistema Toscana/Manifatture Digitali Cinema Prato e Teatro Laboratorio della Toscana/Associazione Teatrale Pistoiese.
Dopo l’incontro con il mito classico di Antigone, Federico Tiezzi affronta, attraverso l’opera di Goethe, un altro grande mito: quello di Faust. Il racconto di un sapiente studioso di teologia, filosofia e scienze naturali che, per ottenere conoscenze ancora più vaste, potere e giovinezza, vende la propria anima a Mefistofele mediante un contratto firmato col sangue.
Goethe lavorò al Faust per sei decenni, dal 1772 al 1831, costruendo un’opera monumentale intorno alla figura del medico e mago cinquecentesco. Attraverso Goethe questo personaggio che aspira alla totalità della conoscenza e all’eterna giovinezza è divenuto parte dell’immaginario collettivo della cultura occidentale, oltre che simbolo della crisi della coscienza e dell’anima dell’uomo contemporaneo.
Nella prima parte del Faust, quella che viene presa in esame da questo spettacolo, è centrale la figura di Mefistofele: che si pone come il doppio speculare di Faust, la sua metà, il suo alter ego e, freudianamente, la proiezione del suo inconscio.
Nella nostra epoca l’immagine di un patto con il Demonio forse non fa più troppa paura, forse…
Ma i bisogni che spingono Faust a vendere l’anima ancora ci turbano: la brama di conoscenza, l’aspirazione a un’eterna giovinezza, la ricerca della saggezza, delle risposte alle domande su che cosa siano la natura, la storia e la vita dell’uomo.
Il Faust goethiano è teatro, puro teatro: luogo in cui si incontrano la potenza dell’epos e l’intimità della lirica, la speculazione filosofica e l’afflato della Storia nel suo incontro con la Natura: temi che si riversano sulla scena nella complessità di un dramma cosmico che gira su due perni, il bene e il male.
In questo testo supremo, Federico Tiezzi ritrova (come già in Freud e l’interpretazione dei sogni di Stefano Massini, nella Signorina Else di Arthur Schnitzler e in Antigone di Sofocle) un tema a lui molto congeniale: la crisi della soggettività, dell’individuo, la crisi dell’io nel suo rapporto con la realtà, in special modo quella storica e naturale. Guida in questo percorso gli sono stati due grandi romanzi: I fratelli Karamazov di Dostoevskij e Doctor Faustus di Thomas Mann. E il pensiero rivoluzionario di Sigmund Freud.
Questi, nel 1923, affermava in un illuminante saggio su un caso di “nevrosi demoniaca” del diciassettesimo secolo come il Diavolo non sia altro che la proiezione dell’inconscio turbato sul mondo reale: i demoni – scriveva – sono i desideri ripudiati, prodotti di moti pulsionali rifiutati o rimossi. Mefistofele in quanto Inconscio diviene così il doppio artaudiano di Faust, un’entità psichica creata e sorta dalla vita interiore, dove dimora nell’ombra. E lo spettacolo racconta lo smascheramento di questa parte in ombra: Faust smascherato è Mefistofele, specchio e oggettivazione della parte più segreta del sé.
Ma nello stesso tempo questo spettacolo ci parla del rapporto conflittuale tra l’intellettuale, stanco di teorizzare e di lavorare sulle idee, e la realtà, il mondo fisico e biologico, sentimentale ed emotivo, che gli sfugge. Ci parla del dramma della conoscenza, dell’insoddisfazione per un sapere vecchio, inefficace, non più capace di interpretare il mondo col solo ausilio dei dogmi religiosi. E ci parla delle dinamiche del desiderio (tra cui quello sessuale) e del sentimento, nell’esplorazione del rapporto tra Faust e Margherita. Ma anche del rapporto tra Faust e Mefistofele, immaginato come un rapporto di ‘amanti’ (si ama se stessi nell’altro), di esseri interdipendenti che si scambiano i ruoli, come due facce della stessa medaglia.
Accanto a Marco Foschi nel ruolo di Faust, a Sandro Lombardi nel ruolo di Mefistofele, e a Leda Kreider in quello di Margherita, agiranno gli attori dell’ultimo biennio del Teatro Laboratorio della Toscana (tenutosi a Pistoia, ospite dell’Associazione Teatrale Pistoiese), portando a compimento un percorso strutturato tra studio, ricerca e sperimentazione da un lato e applicazione pratica dei risultati dall’altro. Si attua così il superamento dello spazio ‘protetto’ della didattica per giungere a quello dell’apertura al pubblico e del confronto con lo spettatore, che non si esaurisce nel saggio di fine sessione ma conduce a un impegno professionale di prove e repliche di uno spettacolo in cartellone e in tournée.