(Lino Zaccaria)
I grillini continuano a tuonare contro i termovalorizzatori, e noi paghiamo. Per il 2019 si annuncia una nuova stangata sugli esborsi per il trasferimento dei rifiuti dalla Campania nelle altre regioni. L’anno scorso pagavamo 178 euro a tonnellata, prima della fine del 2018 la Regione ha bandito la gara per il 2019 con base d’asta identica al prezzo del 2018. Ma la gara è andata deserta. Ed ora ha ripubblicato il bando, che scade il 14 gennaio, con il prezzo lievitato a 200 euro. Il tutto mentre il termovalorizzatore di Acerra continua a funzionare a singhiozzo, il sindaco locale si oppone alla quarta linea (De Magistris docet) e in genere gli impianti di tritovagliatura stanno letteralmente scoppiando, anche per effetto della straordinaria raccolta effettuata durante tutti i giorni delle festività appena trascorse.
Il bollettino della saturazione degli impianti, ormai tutti oltre il limite di sopportazione, è drammatico: Casalduni, Tufino, Giugliano, Caivano, Santa Maria Capua Vetere e Battipaglia scoppiano e prima o poi non potranno più accogliere nuovi conferimenti. Nell’area Est di Napoli sono già comparsi i primi cumuli di spazzatura.
Di fronte a questo quadro allarmante c’è ancora chi ottusamente continua a ritenere che i termovalorizzatori non s’hanno da fare. In questi giorni si è scoperto che la Lega aveva preparato un emendamento da inserire nella manovra che prevedeva incentivi per l’energia prodotta dai termovalorizzatori, ma che tutto è saltato per la ferma opposizione dei 5 Stelle, secondo i quali (beata ingenuità!) tutto potrà risolversi con gli impianti di compostaggio. Che come è noto servirebbero a liberarci solo della frazione umida.
Ad onor del vero i grillini in questa battaglia di retroguardia hanno trovato un alleato importante, il sindaco di Napoli, anche lui fieramente contrario agli inceneritori. Ma qual è l’effetto di questa testarda e miope opposizione? I cittadini campani pagano 120muila euro al giorno di multa all’Unione Europea e continueranno a pagarli fino a quando non verranno aggiunti nuovi impianti. Ergo, dice l’Europa, sbrigatevi a costruire nuovi termovalorizzatori.
Il trasferimento dei rifiuti ad altre regioni o all’estero costa inoltre 400mila euro al giorno per il trasporto via terra (arriva oltre che in altre regioni italiane fino alla Germania) e 100mila euro al giorno il trasporto via navi fino all’Olanda. Il tutto con la beffarda consapevolezza che mentre noi paghiamo, si arricchiscono i trasportatori, sia via terra che via mare, e due volte i titolari degli inceneritori dove mandiamo a bruciare i nostri rifiuti. Una volta perché paghiamo per farli incenerire, una seconda volta perché con la bruciatura producono energia che rivendono. Insomma gli altri fanno affari, non hanno paura del termovalorizzatori (a Parigi, a Vienna e a Brescia funzionano in pieno centro urbano), noi paghiamo e corriamo il rischio di rimanere sommersi, visto che ormai gli impianti intermedi sono saturi e che Regione e Comune di Napoli non sono riusciti a trovare soluzioni risolutive strutturali.
L’emergenza rifiuti non è certo una particolarità solo napoletana (a Roma stanno messi quasi peggio) e solo italiana. Ma i numeri ci condannano, se solo consideriamo che mandiamo in discarica, in Italia, ancora il 30 per cento della nostra spazzatura. E checché se ne possa dire resta una considerazione di fondo insindacabile: per smaltire il materiale non riciclabile non vi sono che gli inceneritori. Formalmente la Campania può apparire come una regione virtuosa, perché fa registrare un buon indice di differenziata (tranne Napoli, ancora terribilmente indietro) e perché ha quasi del tutto eliminato il conferimento nelle discariche.
Ma come è stato possibile? Semplice, esportando i rifiuti all’estero, pratica già avviata dalla Iervolino e della quale De Magistris si è intestato il merito. Naturalmente restiamo perplessi di fronte al sostantivo “merito”. Liberare Napoli dalla spazzatura, pagando a peso d’oro lo smaltimento attraverso le navi che fanno il periplo della costa atlantica, è un gioco da ragazzi, saprebbe farlo chiunque avesse la ventura di occupare il cadreghino di sindaco di Napoli. Senza contare l’inquinamento da trasporto che ne scaturisce, che va messo nel conto di fronte a quanti argomentano sulla pericolosità dei termovalorizzatori. Ma su questo ultimo specifico punto si potrebbe scrivere una tesi di laurea e non è il caso di soffermarsi in questa sede, per evitare che il gentile lettore si fermi e non vada fino in fondo all’articolo. Sarà argomento di una prossima puntata sul problema dei rifiuti.
Evviva quindi l’ambientalismo da strapazzo di 5Stelle e De Magistris (ricordate la guasconata della differenziata al 70% in sei mesi)!
I grillini su TAP e Ilva hanno già dovuto fare ingloriosamente marcia indietro, travolti dalla realtà. Sulla Tav resistono, ma la sensazione è che prima o poi capitoleranno. Per il momento si aggrappano all’alibi del rapporto costi-benefici, mentre migliaia di persone scendono in piazza a Torino per chiedere che l’opera si faccia. Ma terranno duro, vedrete, almeno fino alle elezioni europee, cedere prima significherebbe perdere migliaia di voti. Si accettano scommesse.
Intanto proprio in questi giorni è partita un’altra campagna anti. Prese di mira dai fenomeni (per usare un vocabolo cari a Salvini) dei 5 Stelle le trivelle. Immemori della clamorosa brutta figura rimediata con il referendum nel 2016. Sugli inceneritori, invece, tengono duro e probabilmente lo faranno, spalleggiati da De Magistris, almeno fino a quando Napoli non sarà nuovamente sommersa dai rifiuti, come nel 2008, quando finì in pratica la carriera politica di Bassolino, che aveva assecondato il mitico Pecoraro Scanio sul no ai termovalorizzatori. Nel frattempo il cittadino soffre, paga una Tari sproporzionata e per un servizio inesistente e loro, Di Maio, Fico (soprattutto lui) e company inneggiano alla decrescita felice. Felici loro, infelici noi.