Leggendo qua e là, anche i tifosi più sfegatati della Juve si sono stancati di recitare la parte del vincere a tutti i costi che giustifica tutto. Nei loro forum si legge il sentimento diffuso di non essere per niente soddisfatti della qualità del gioco, privo di ogni senso estetico che finanche la Sampdoria è capace di esprimere. (Non si cita il Napoli che è di un altro pianeta).
Una squadra che ha stracciato gli ultimi cinque campionati e che sembra avviarsi a farlo per la sesta volta di seguito, dovrebbe esprimere qualche schema in attacco più esaltante di quelli che non ha. Quando si spendono 90 milioni per vedere Higuain difendere, oppure Mandzukic rincorrere i terzini avversari o Pjanic lontano 45 metri dalla porta avversaria, è del tutto lecito aspettarsi qualche alchimia tattica, qualche variante strategica, che ne esalti le qualità tecniche e di certo non le appena sufficienti capacità difensive. Non è per niente appagante aspettare l’episodio che per merito del singolo, demerito degli avversari o sviste arbitrali, puntuali come un orologio svizzero, sblocchino il risultato.
E’ alla luce del sole che i supporters bianconeri stiano là ad aspettare, trepidanti, i prossimi impegni di Champions per potersi definitivamente caratterizzare in un senso o nell’altro, più di quanto a Napoli aspettino il Real. Si cova la speranza di una consacrazione, ma con la malcelata consapevolezza di non riceverla finché in campo si vede questo calcio. Se poi anche in Europa come in Italia, taluni arbitri sbaglieranno, condizionando partite e competizioni, vorrà dire che siamo in pieno regime nazionale ed ultranazionale e che il calcio è diventato chiaramente sport di regime, dove vince la squadra con più tifosi al seguito con funzione di anestetico sociale e alla quale, in virtù di un turno scientificamente stabilito, toccherà, prima o poi, anche la vittoria in Champions. Nessuna squadra in Europa ha mai vinto per due volte di seguito la Champions League negli ultimi ventisette anni. A quanto pare, l’alternanza sul podio è la più tirannica delle democrazie.
Fabio de Paulis