Quali e quanti mestieri si facevano a Pompei, 2000 anni fa? Quali erano le botteghe che in quella città venivano aperte, ogni giorno, da una folta schiera di schiavi, liberti, piccoli artigiani. E quali erano i nomi, i cognomi e i soprannomi di sarti, panettieri, attori, gladiatori, fabbri, muratori, prostitute, usurai e manutengoli, ovvero di tutta la varia umanità che a Pompei rendeva possibile, con i limiti e i problemi, la vita giornaliera di un centro romano del I secolo dopo Cristo? Di più. Come morì, quella cittadina, assieme a Ercolano, Oplontis, Stabiae, quando il Vesuvio, nell’anno 79, esplose, azzerando la vita su un’area vasta quasi quanto un quarto dell’attuale Campania? Carlo Avvisati, giornalista esperto di archeologia vesuviana, risponde a ogni interrogativo e lo fa con una narrazione dei fatti che aspira ad essere scientificamente corretta e portata avanti con stile giornalistico.
Torna così in libreria, con una moderna veste grafica e un’accattivante copertina, la nuova edizione di “Pompei, mestieri e botteghe 2000 anni fa” impreziosita dalle prefazioni – presentazioni di due grandi archeologi pompeianisti, Stefano de Caro e Andrew Wallace-Hadrill.
Completamente rivisto e aggiornato, il saggio (224 pp.), che è edito da Scienze e Lettere (già Bardi Editore) pur essendo un lavoro scientifico, è tuttavia scorrevole nella descrizione di fatti e argomenti, ragion per cui è diretto tanto agli specialisti di settore quanto al lettore comune. Difatti, Avvisati, che si sofferma e dà notizia sulle nuove scoperte effettuate nella Regio V, pezzi di città venuti alla luce in seguito agli scavi dettati dagli interventi di messa in sicurezza con i fondi Ue del Grande Progetto Pompei, prende per mano chi legge e lo accompagna, con passo cadenzato, tra botteghe e venditori, nei teatri e tra i gladiatori, nei postriboli e tra le bettole delle stradine del centro o nelle accorsate tavole calde delle grandi arterie cittadine, fino al refrigerio nelle terme, aprendogli una sorta di “porta del tempo” che, una volta varcata, gli fa rivivere la vita frenetica e operosa dei pompeiani di 20 secoli fa. Stefano De Caro nella sua significativa presentazione ammette che ” Carlo Avvisati, che pure si muove nella tradizione della “pompeianistica”, riesce a sfuggire a questa deriva sia facendo ampio ricorso ai repertori generali di antichità romane sia, e soprattutto, grazie alla poesia. Come i personaggi che descrive nei suoi versi i suoi Pompeiani non pretendono di farsi modelli di storia e neppure di microstoria locale: raccontati con elegante leggerezza venata di ironia, sono semplicemente uomini e donne, cui toccò di vivere sotto il Vesuvio in un momento drammatico, con affetti e sentimenti umani, e perciò eterni”. E così che, assieme agli altri, prendono corpo e dimensione Januarius il bagnino, custode delle terme di Marco Crasso Frugi; Pudens e Verecundus, pasticcieri ambulanti con licenza rilasciatagli dall’assessore in carica; la foeneratrix (strozzina e usuraia) Faustilla che dava soldi con interesse del 30 per cento della somma prestata. E, ancora il lanifricarius: cardatore, lisciatore della lana; il lanternarius: reggitore di lanterna; il librarius: rilegatore di libri; il pomarius: fruttaiolo; il putiarius: pozzaro, scavatore di pozzi neri; il saccarius: facchino; i salinensis: fornitori e produttori di sale e le lupae, le prostitute che lavoravano nei diversi postriboli cittadini. “È a questo stuolo di persone che Carlo Avvisati – sottolinea nella sua prefazione l’archeologo Andrew Wallace-Hadrill – ha rivolto la sua attenzione, comprendendo, con l’istinto di un giornalista, che le realtà della vita emergono da una serie di istantanee. Gli studiosi sono ora davanti a una sfida: superare il loro disprezzo e studiare più sistematicamente le ricche testimonianze sulla vita commerciale che Pompei offre. Frattanto, i visitatori dell’antico sito profitteranno grandemente della vivace evocazione dell”umile vita’ romana offerta da questo volume”.
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