Summit di esperti per presentare i nuovi percorsi preventivi della Rete Oncologica Campana sui tumori ereditari familiari, da poco approvati dalla regione. Un evento importante, proprio perché in Italia i casi di nuove diagnosi di tumore sono stimati in centinaia di migliaia ogni anno. Questa ‘guerra’ registra fortunatamente il costante aumento del tasso di sopravvivenza e della qualità di vita dei malati, merito di cure sempre più specifiche ed efficaci e di una cultura della prevenzione che si sta progressivamente radicando nello stile di vita degli italiani. Per alcune tipologie di tumore come quello del colon, dell’ovaio e della mammella, molti dei nuovi casi sono causati da fattori esterni, come una dieta non corretta o il fumo, ma questi tipi di cancro possono essere causati anche da anomalie genetiche. Il gene anomalochepuòportareallosvilupparsidiuntumorevienequinditrasmessodi generazione in generazione, in questo caso si parla dunque di tumori ereditari e familiari. Attenzione però, l’ereditarietà in questo caso, non accerta la trasmissione del cancro. Avere quindi in famiglia casi di membri ammalatisi di questa patologia, non determina lo sviluppo del tumore in chiunque presenti il gene anomalo, ma sicuramente questo lo si può scoprire solo attraverso un’attenta prevenzione.
Proprio per regolare questi percorsi preventivi la Rete Oncologica Campana ha da poco varato un nuovo PDTA dei tumori eredo-familiari. In occasione della presentazione di questo nuovo percorso l’associazione ACTO Campania, in collaborazione con l’Istituto Nazionale Tumori, IRCSS Fondazione Pascale ha organizzato un tavolo di discussione dove esperti, istituzioni e associazioni si confronteranno sui passi già compiuti in materia e sui passi necessari da compiere in futuro. Ad aprire i lavori Attilio A.M. Bianchi, direttore generale dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ che tra le sue mura ha ospitato l’evento. “La buona eredità è un’idea sfidante
– afferma Bianchi – e al tempo stesso un forte impegno. Avviare una ‘sorveglianza attiva’ sui soggetti a rischio genetico configura una modalità innovativa e moderna di interpretare la sanità. Mi piace – conclude il direttore – che il messaggio parta dal ‘Pascale’. Noi ci proveremo”. Le mutazioni sono dovute ai geni, ovvero a porzioni diDna che controllano il modo il cui le cellule devono lavorare per consentire al nostro corpo di funzionare nel modo corretto. Sebbene tutte le cellule abbiano gli stessi geni, cellule diverse (o tipi di cellule diversi) possono utilizzare geni differenti. Così come determinano il colore nei nostri occhi o la nostra altezza, i geni possono anche influenzare la possibilità di contrarre alcune malattie, tra cui il cancro. Un cambiamento anormale in un gene è, quindi, chiamato mutazione. Quest’ultima potrebbe influenzare il modo in cui funziona il gene stesso, interrompendone – per esempio – il corretto funzionamento, oppure costringendolo a rimanere ‘acceso’ anche quando non è piùnecessario.
La realizzazione di una rete laboratoristica è il presupposto per garantire test genetici adeguati su tutto il territorio regionale. Tuttavia, per la sua complessità, l’approccio alle famiglie con possibile sindrome ereditaria da cancro deve essere multidisciplinare, ovvero deve coinvolgere varie figure professionali: oncologi, chirurghi, patologi, biologi molecolari, genetisti, psicologi. “I tumori eredo-familiari rappresentano solo il 5-10 per cento del totale dei tumori – afferma Nicola Normanno, direttore S.C. Biologia Cellulare e Bioterapie Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli – tuttavia, questi sono anche gli unici casi che offrono la possibilità di un intervento preventivo mirato. Individuare le famiglie a rischio permette, infatti, di poter avviare programmi di screening che consentono la diagnosi precoce o anche di poter proporre al soggetto a rischio interventi preventivi. In Regione Campania ci sono le competenze per assicurare la esecuzione di un test genetico di adeguata qualità a tutti i pazienti ed ai loro familiari in cui ci sia la indicazione clinica al test – prosegue l’esperto – tuttavia, queste analisi sono complesse e richiedono risorse in termini di strumentazioni, reagenti e personale dedicato. L’assunzione del personale è uno dei principali limiti in una Regione commissariata”. In Campania la medicina quindi si impegna nell’intercettare i pazienti il prima possibile, perché non basta individuare chi può essere geneticamente predisposto a determinati tipi di tumore, ma bisogna accompagnarli in un percorso preventivomirato.
“Questo nuovo PDTA è pensato proprio per intercettare questa malattia anche prima che si manifesti, sottoponendo i pazienti a dei test che possano individuare la possibile ereditarietà della malattia e poi sottoponendo i familiare del paziente ad appositi test genetici in grado di individuare se è presente la mutazione anche in loro e – dichiara Sandro Pignata, coordinatore scientifico Rete Oncologica Campana, Direttore Oncologia Uro-Ginecologica – Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli, presidente Comitato Tecnico Scientifico Acto Campania – a quel punto iniziare un percorso di un progetto che contiamo coinvolgerà migliaia di cittadini e che può portare la prevenzione ad un nuovo livello di coscienza. Per raggiungere questo obbiettivo esperti in campo oncologico, medico e genetico hanno collaborato a stretto braccio per creare dei parametri che grazie anche alla Rete Oncologica, potremo applicare in maniera unitaria a tutti i cittadini della Regione Campania. Il primo passo è stato compiuto, ora si devono individuare i laboratori per eseguire questi test e dovremo svolgere un grande lavoro di divulgazione – conclude il medico – sia per i pazienti sia per i medici e addetti del settore perché, come sempre nella prevenzione, per una buona riuscita bisogna coinvolgere quanto più possibile i cittadini e per raggiungere questo scopo ci servirà la collaborazione e l’aiuto delle associazioni di settore e dellastampa”.
“La scoperta che alterazioni (mutazioni) nei geni BRCA siano predisponenti al carcinoma della mammella e dell’ovaio ha aperto nuovi scenari nella prevenzione e terapia di questi tumori – afferma Stefano Greggi, Direttore Ginecologia Oncologica – Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione “G. Pascale” Napoli, Comitato Tecnico Scientifico Acto Campania – La presenza di una mutazione patogenetica nei geni BRCA in un soggetto sano aumenta il rischio di sviluppare un tumore ovarico del 20-40% e di un tumore mammario del 30-60%. L’identificazione delle famiglie con tali mutazioni permette non soltanto di attuare una sorveglianza clinica tempestiva ma anche di effettuare interventi chirurgici profilattici nelle donne sane portatrici di mutazione – prosegue il medico – quali soprattutto l’asportazione di ovaie e tube di Falloppio una volta completata la vita riproduttiva. Ciò è in grado di abbattere quasi completamente il rischio di sviluppare un tumore ovarico e di ridurre sensibilmente quello di sviluppare un tumore mammario. Questa è la “buona eredità” – conclude Greggi – che la scienza ci permette: trasformare una condizione di rischio genetico trasmissibile in una preziosa opportunità diprevenzione”.
“Il buon esito di un processo organizzativo dipende – Antonella Guida, Regione Campania – Direzione Generale per la Tutela della salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario regionale – spiega oltre che dalla sua sostanziale efficacia intrinseca, anche dalla capacità di impatto sul destinatario finale. Nel nostro caso per costruire una Rete Oncologica Campana è fondamentale il rapporto con i pazienti e con le loro Associazioni che rappresentano in maniera aggregata e rappresentativa i diritti esigibili, sanitari e socio-sanitari, dei nostri pazienti. La loro presenza fattiva nella costruzione della ROC sarà viatico di ulteriori miglioramenti di sistema per cogliere il punto di vista del malato, della famiglia, del care giver. Ed essere vicini a chi sperimenta il duro percorso di una patologia oncologica rende possibile per noi medici avvicinarci di più alle individualità che rendono tali pazienti vere persone”.
“Il cancro è una ‘cattiva eredità’ ma nel caso delle donne ‘mutate’ diventa ‘buona’, perché si può trasformare uno svantaggio in opportunità, aumentando la consapevolezza nei confronti della malattia e tenendo alta la guardia fin dalla giovane età, provvedendo ad esempio a togliere le ovaie dopo l’età fertile – sostiene Mirosa Magnotti, presidentessa di ACTO Campania – Per questi motivi ho sentito l’esigenza di impegnarmi in prima persona e in una battaglia che credo necessaria per dare speranza a tante donne che non sono ancora ben consapevoli del pericolo che corrono e che rischiano di trasmettere alle proprie figlie e nipoti: voglio aiutarle a non vivere la battaglia da sole e con vergogna – prosegue Magnotti – Sono felice di lanciare la campagna ‘La buona eredità’ partendo dalla mia Regione in occasione della presentazione del PDTA sui tumori ereditari promosso dalla Rete Oncologica Campana, percorso che chiarisce le modalità diagnostiche e preventive dei tumori familiari. Come paziente offro il contributo di questa iniziativa affinché questo documento, decretato dalla Regione Campania, possa vedere presto la pienaattuazione”.