Il Direttore
Tanto per descrivere il direttore…
“Una vita da precario a recuperar palloni”…Troppo facile parafrasare il grande ‘Liga’ per descrivere, sia pure in poche righe, la mia esperienza di giornalista. Da sempre costretto a fare i ‘salti mortali’ per poter svolgere dignitosamente la professione che amo. Una continua lotta contro l’approssimazione, la mancanza di rispetto delle regole, la vera arroganza e la falsa morale. Quasi 25 anni di ‘onorata militanza’, fatta di sgomitate e pugni nello stomaco. Eppure nonostante tutto sei “lì sempre lì, lì nel mezzo, finché ce né”, senza pensare mai di doverti arrendere a qualcosa o, peggio, a qualcuno. Oggi il mio stato di precario mi vede giornalista professionista, assiduo collaboratore dell’emittente regionale ‘Napoli Canale 21’. Una condizione per certi versi invidiabile visto lo stato di disgrazia in cui tanti, troppi colleghi sono costretti a vivere. La speranza di un contratto a tempo indeterminato però è flebile, almeno quanto è forte l’amarezza, la delusione, la rabbia e il rancore, per tutte le occasioni perse, per le promesse mai mantenute, per le ingiustizie subite. Mi si chiede di raccontare la mia storia di precario e devo dire che la prima difficoltà la trovo nel dover riordinare i miei ricordi. Fare una scaletta delle esperienze vissute tra giornali, radio, televisioni e agenzie di stampa, sarebbe tedioso e, per certi versi, mortificante, non per me certo, piuttosto per quanti nei miei confronti hanno avuto tra le mani lo ‘scettro’ del comando. Le loro decisioni sono passate come ruspe pesanti sulla mia voglia di fare questo mestiere, mettendo a dura prova il desiderio di andare avanti. Mi limiterò dunque ad indicare soltanto alcune, le più importanti esperienze professionali che ho avuto la (s)ventura di intraprendere. ?Capitolo quotidiani: il Mattino. A 24 anni avere la possibilità di firmare un ‘pezzo’ sul quotidiano di via Chiatamone può condizionarti per sempre. Da quella firma possono dipendere le scelte giuste e sbagliate che farai negli anni successivi. Se poi quella collaborazione è addirittura vincolata con un contratto ‘Articolo 2’, allora la frittata è fatta, la fiera delle illusioni ha inizio e la strada del ‘non ritorno’ sta per essere imboccata. Il mio primo servizio è un’intervista ad un anziano tassista, il più vecchio della città. Un segno del destino, uno strano presagio, il Taxi è forse uno dei simboli più indicati per definire chi è costretto a fare il girovago, senza mai trovare una destinazione precisa e definitiva. Al Mattino ho collaborato per oltre 15 anni, prima saltuariamente, poi come corrispondente dalle varie province. Sport, cronaca, politica e finanche economia, i capi di turno non si sono risparmiati ad utilizzarmi nel modo in cui ritenevano più opportuno. L’ambizione e il desiderio di sedere, un giorno, ad una di quelle scrivanie che riuscivo solamente a sfiorare quando andavo in redazione a portare i pezzi al capo servizio, mi hanno accompagnato per tutto l’arco dei 15 anni. Ci ho messo un pò di tempo a capire che le scelte dei vari editori e direttori che si sono succeduti alla guida del giornale, erano ben diverse dalle mie aspettative e così in maniera più o meno brusca dissi basta e provai a guardarmi intorno. Proprio come il Taxi del mio primo interlocutore cominciai a girovagare in cerca di fortuna. La collaborazione con il Mattino era sempre lì, una vetrina per far ‘girare’ la firma, come si suol dire, intanto però perché non provare altrove a realizzare il mio sogno. ?Capitolo Televisioni e Radio. Anche qui la precarietà è stata per me la parola d’ordine. Nulla nella mia carriera è stato più stabile del mio essere precario. A Videocomunicazioni, dopo tre mesi di sostituzione estiva, la nuova proprietà dell’emittente, succeduta allo scomparso e mai troppe volte compianto Franco Aulisio, decise di darmi il benservito. Non c’erano le condizioni per assumere giornalisti, mi fu detto. Una pietosa bugia, visto l’inserimento, da lì a pochi giorni, nell’organico dell’emittente di altri colleghi. Arrendersi? Mai! Ed allora ecco un altro tentativo, questa volta con Telelibera 63. La squadra dei redattori è, come si dice in gergo, ‘forte’. Carlo Alvino, Angelo Pompameo, Giuseppe Argiuolo, Espedito Pistone, Ornella Mancini. Tutti al seguito del capitan Varriale. Un anno o poco più vissuto intensamente, un’esperienza che continuo a considerare positiva e che molto mi ha arricchito dal punto di vista professionale. Il fantasma del precariato però è sempre alle spalle, pronto ad aggredire con i suoi artigli. Niente contratto infatti, niente possibilità di svolgere il praticantato, niente garanzie per il futuro. Morale della favola, dopo l’estate anche da Telelibera ‘arrivederci e grazie’. Il mondo dell’etere però ormai non ha più segreti per me. Il microfono non fa paura e nemmeno la telecamera che ti porta nelle case dei napoletani. Ed allora si va avanti, con Tele A, anche qui una sostituzione estiva, anche qui senza contratto ed anche qui, come da copione, l’avventura è di breve durata. Gli anni adesso cominciano a pesare. Avere 40 anni ed essere ancora pubblicista non è il massimo della vita. L’ostacolo va superato, non certo grazie alle radio, dove pure ho provato a ‘sfondare’ il muro della precarietà, senza riuscirci né a radio Crc, né alla pur prestigiosa Rtl. Collaborazione, sempre e solo collaborazione, “Martone cosa vuole di più. Si ritenga fortunato”. ?Capitolo Agenzie: Nel 2001 arriva la grande occasione. Scopro, per puro caso, che l’Adnkronos ha bisogno di un collaboratore per la redazione di Napoli, dove già lavorano Guglielmo Gabbi e Antonella Sinopoli. Riesco a contattare l’amministratrice dell’agenzia e mi propongo, senza ‘sponsor’, senza alcuna ‘spinta’, facendo leva soltanto sulla comune conoscenza di una persona amica. “Vediamo cosa sai fare”, la domanda di rito. Mi mandano da Gabbi e comincio a scrivere. Un pezzo, due, dieci, cento…Comincia un’avventura che durerà cinque anni, al termine dei quali, anche grazie ad alcune fortunate coincidenze, Gabbi che va in pensione e la Sinopoli che decide di ‘cambiare vita’, si aprono per me le porte del ‘praticantato’. Amen!! Riesco a fare il salto senza dover ricorrere a riconoscimenti d’ufficio e cause di lavoro. La beffa però è dietro l’angolo e comincia a manifestarsi nel tipo di proposta che mi viene fatta. “Sei mesi, solo sei mesi di praticantato, poi si vedrà”. Non è possibile, ancora quel maledetto precariato che mi sta attaccato addosso. Cosa fare, rifiutare potrebbe voler dire perdere un’occasione che non si ripresenta più, accettare significherebbe correre il rischio di ritrovarsi tra sei mesi in mezzo alla strada. Io accetto e dopo sei mesi, sono in mezzo alla strada. La redazione di Napoli chiude, non riaprirà più dal luglio del 2007. Martone non serve più, i contratti sono fatti per essere rispettati e dunque, scaduti i sei mesi, “arrivederci e grazie”. Adesso sono un ‘precario praticante’, senza via d’uscita, se non quella di chiedere il riconoscimento del periodo retroattivo all’Ordine, per poter sostenere l’esame. La cosa avviene senza problemi, anche grazie alla preziosa collaborazione di tanti colleghi. Inizia però un anno decisamente difficile. Decine di tentativi di trovare una collaborazione, uno spiraglio, uno spazio per poter rientrare nel ‘giro’ che conta. Niente di niente, se non proposte inaccettabili, quasi indegne e naturalmente la solita parentesi di precarietà, questa volta alla regione Campania, come addetto stampa dell’assessore De Felice. Un mese con un contratto di ‘collaborazione occasionale’, rispetto al quale, a distanza di sette mesi, non ho ancora visto un centesimo. Ad aprile sostengo l’esame a Roma e divento professionista. Dopo quasi un anno di ‘ferie forzate’, arriva Canale 21 e può continuare, come sempre, la mia vita da precario.
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