di Marco Martone*
Quando l’inferno Covid sarà passato, perché prima o poi passerà, bisognerà interrogarsi su quanto, nel corso di questi mesi, siamo stati sprovveduti, poco attenti alle regole ma anche confusi da un’informazione spesso catastrofista, terrorizzante e non sempre corretta. Poi ci sarà da prendere le distanze dai maestri dell’ipocrisia e della retorica. Quelli che razzolano male, come gli altri e che si fanno predicatori da tastiera per impartire lezioni di vita. Quello che sta accadendo in questi giorni, rispetto al sovraffollamento delle strade, delle piazze e dei lungomare (per chi ha la fortuna di vivere su un’isola o in una città di mare), rappresenta l’esaltazione del più bieco modo di atteggiarsi a censori, educatori del nulla, pappagalli da trespolo. Le persone vivono la propria vita, cercando di farlo nella maniera più naturale e normale possibile e questa cosa, pur rientrando in pieno nell’ambito della libertà di agire di ognuno di noi, viene additata come il più truce e colpevole dei reati. Ecco allora che portare moglie figli in riva al mare, in un parco o a passeggio per guardare le vetrine, diventa qualcosa di cui doversi vergognare.
Non è vero! Non può essere così, almeno fino a quando qualcuno, il governo ad esempio, ci dica che questa cosa non si può fare. Solo in quel caso potremmo accusare di comportamenti inadeguati e fuorilegge quelli che il sabato e la domenica decidono di trascorrere qualche ora in pieno relax, magari respirando l’aria fresca di una pineta.
La Campania potrebbe diventare zona “arancione”, addirittura “rossa” ma fino a quando questo non accadrà, parlare di gregge sconsiderato, trincerandosi dietro una foto (che poi chissà da chi viene scattata), è solo retorica. Bisognerebbe stabilire, infatti, in base a quale principio una strada debba essere frequentata da una persona piuttosto che da un’altra. L’uscita a sessi alterni (i giorni pari le donne e quelli dispari gli uomini) potrebbe essere una soluzione. Anche le uscite in base all’anno di nascita (oggi quelli nati i giorni pari, domani quelli nati nei giorni dispari), come accade per le auto insomma.
Idee folli ma che almeno darebbero un senso alle critiche, nei confronti di eventuali trasgressori. Certo si potrebbe obiettare che in periodo di pandemia occorrerebbe buonsenso e quindi evitare di frequentare luoghi di aggregazione e folla. In quel caso significherebbe dividere la popolazione in due categorie, da un lato i saggi che se ne stanno a casa, da un lato gli stolti e i criminali, che provano semplicemente a vivere. E su tutti, quelli che giudicano, che sembrano un’entità astratta e assoluta. Anche mettere in relazione le foto degli ospedali con quelle delle spiagge piene è ipocrisia allo stato puro. Non è stato fatto quando il mondo è stato colpito da gravissimi attentati terroristici, nemmeno quando a Napoli ci fu il colera o il terremoto. Tutto sommato le persone provavano a vivere anche in tempo di guerra. E alimentare il senso di colpa in chi si svaga per due ore, non è giusto, non è leale. Nessuno si è mai sognato di pubblicare foto di bambini al parco con mamme e papà, mentre dall’altra parte della città ci sono cortei funebri e ambulanze che trasportano persone colpite da infarto, malate di cancro o semplicemente sofferenti. E’ la vita! Fatta di contrasti e incongruenze, che in questo modo è sempre stata vissuta e non si capisce il motivo per il quale adesso tutto si debba fermare, in attesa che il contagio riguardi ciascuno di noi. Richiamare alle regole, al rispetto dell’utilizzo della mascherina, al distanziamento, per quanto possibile nelle nostre città (non solo la solita Napoli), è del tutto condivisibile. Negare alle persone il diritto alla normalità, è tutt’altra cosa. Se si vuole avere il diritto di puntare il dito, si facciano delle leggi e si chieda alla gente di rispettarle. Lockdown totale e tutti a casa. Allora si che chi trasgredisce deve essere punito. Altrimenti è solo retorica e ipocrisia.
*Pubblicato sul Golfo