di Mariateresa Di Pastena
Avete presente, nell’amatissima soap targata Raitre “Un posto al sole”, lo spietato Roberto Ferri, il controverso personaggio interpretato dal bravissimo attore Riccardo Polizzy Carbonelli, uno dei protagonisti storici nonché uno dei più temuti di palazzo Palladini per il suo carattere ruvido, irascibile e burbero? Sì, proprio lui: l’affascinante, determinato e spregiudicato imprenditore, disposto a tutto pur di difendere il proprio patrimonio, l’uomo senza scrupoli e poco incline ai sentimenti, che si muove, all’interno della fiction, con prosopopea e con un’aria sprezzante, per usare un eufemismo, tanto da lasciare spesso senza parole chi ha la sfortuna di cadere nelle sue grinfie o di incrociarlo sulla propria strada. Ultimamente, e a fasi alterne, a dir la verità, appare addolcito dagli eventi e dalle disavventure che hanno minato il suo equilibrio e la sua corazza. Corazza che, raramente, qualcuno, ma sarebbe meglio dire qualcuna, è riuscito in tanti anni a penetrare, nonostante, e ne siamo convinti, nel profondo del suo animo si nasconda (ma proprio bene!) un uomo che ha un grande ed inconfessabile bisogno di amore e di tenerezza.
Ebbene, il carattere di Riccardo Polizzy Carbonelli, che incontriamo nel foyer del teatro Acacia prima della sua partecipazione ad una serata di solidarietà, è proprio in antitesi con quello del suo personaggio! Il fascino, quello naturalmente non manca neanche a lui, anzi, è esaltato da un estremo garbo e da una gentilezza d’altri tempi, così come non gli mancano la determinazione e la consapevolezza che, anzi, caratterizzano la sua filosofia di vita. Ma Riccardo appare immediatamente, a differenza del suo alter ego in tv, solare, simpatico e dotato di grande sensibilità.
Quindi, possiamo solo immaginare quanto sia faticoso vestire i panni di un personaggio così lontano dal suo modo di essere e di vivere! E questo è sicuramente indice di grande maestria e bravura, anche se Riccardo, al quale abbiamo rivolto qualche domanda durante una piacevole chiacchierata, ci riesce benissimo, mostrando grande professionalità.
Partiamo proprio dal personaggio che lei interpreta in Un posto al Sole, ormai da diciotto anni: Roberto Ferri, che sembra davvero senza cuore…
Lo è stato… Ora hanno anche risanato il suo cuore, da un punto di vista chirurgico, e dovrebbe essergli ritornata un po’ di umanità, almeno per ora…
Io ci spero, perché così mi posso rilassare un po’, in quanto, essendo un personaggio talmente distante da me, quando lui è più umano, sono più vicino a me stesso nell’interpretazione.
Deve essere complicato interpretare un personaggio così diverso da lei…
No, è divertente, anzi, mi obbliga a studiare sempre, per cercare di essere credibile in questa finzione… E tengo a sottolineare la parola ‘finzione’, contrariamente all’impegno richiesto in una serata come questa a sostegno di un’associazione che fa tanto per la lotta al neuroblastoma. Dovremmo essere sempre tutti solidali e compatti nei confronti dei disagi che alcune patologie comportano. Ecco, mi piacerebbe che Roberto Ferri prendesse un po’ di questi caratteri nel suo comportamento, e ciò non sempre avviene.
Tre aggettivi qualificativi per Riccardo, e poi per Roberto…
Per me: anche se non sembra, timido, poi ostinato e onesto. Roberto con me ha in comune solo l’ostinazione, quindi ostinato, cinico ed adorabile… Nel senso che è un’ adorabile canaglia.
Nato a Roma, ma con origini napoletane…
Sì, e ormai vivo qui a Napoli da 18 anni, ed ho dei parenti a Caserta.
Le esperienze lavorative che le sono rimaste nel cuore?
Il mio debutto, subito dopo aver perso mio padre, nel 1987, con Gino Bramieri al teatro Politeama di Napoli, nella commedia “Una zingara mi ha detto” con Paola Quattrini, Giorgio Ariani, Paolo Lombardi, per la regia di Pietro Garinei del teatro Sistina, di Roma. Avendo delle origini napoletane forti, ho debuttato qui in un clima amico, familiare, e con il grande sostegno della compagnia, visto che avevo una ferita aperta. In Campania ho svolto anche il servizio di leva, come allievo ufficiale e poi come sottotenente: è stata un’altra scuola di vita meravigliosa che mi dà ancora oggi quell’ostinazione e quella pervicacia nel perseguire gli obiettivi e anche nel non lasciarmi andare qualora non riuscissi a raggiungerli. Però io faccio sempre il massimo per poi non dovermi pentire di nulla.
Un sogno da realizzare?
Non posso dirlo…
Forse perché i sogni non si dicono? Si realizzano e basta?
No, si possono dire, ma siccome l’ho detto in passato e poi non si è realizzato… Uno più facile da realizzare è lavorare con mia moglie, che è una bravissima attrice, in teatro, e ci stiamo lavorando. Pare che stavolta si possa concretizzare.
Qual è il valore più importante?
Il rispetto… E non è un valore solo, perché se c’è il rispetto vuol dire che ci sono anche la sensibilità e l’educazione. Viviamo in una società che è basata sull’immagine e sull’apparire e non tanto sulla sostanza. Sembra che dobbiamo possedere le cose materiali a costo di non viverle, quindi passiamo da un giocattolo all’altro. Come diceva Anthony De Mello, uno psicologo indiano e sacerdote meraviglioso, nel suo libro ‘Messaggio per un’aquila che si crede un pollo, “la vita è quella cosa che scorre mentre tu sei impegnato a fare progetti”. Invece, i progetti vanno sì realizzati, ma la vita va vissuta. E la vita è anche la relazione con le altre persone, ascoltarle, e soprattutto rendersi conto che non esistiamo solo noi, ma esistono anche gli altri.
In effetti, oggi, i rapporti umani sono in secondo piano…
Purtroppo sì. Non c’è ascolto, non c’è rispetto. Dovremmo sempre pensare che una nostra azione può essere positiva o negativa nei confronti di un altro essere vivente. Non stiamo lasciando una bella scia, dietro di noi…
Certo, bisognerebbe dare un esempio migliore, ai giovani… In effetti, gli insegnanti sentono una responsabilità sempre maggiore…
Lo capisco, essendo figlio di insegnante… La formazione dei ragazzi, soprattutto quella degli adolescenti, che sono in una fascia d’età, per così dire, delle più ruvide, è davvero fondamentale.