di Fabio de Paulis
Così tanto per chiarire. Che il Milan sia stata una grandissima squadra che ha vinto tanto da essere etichettata come il club più titolato al mondo è una innegabile verità. Da qualche giorno imperversa nelle varie tv nazionali Ruud Gullit, per presentare un suo libro sul calcio, che riconduce inevitabilmente al Milan di quell’epoca. Ebbene, il Milan di Sacchi che aveva tra i suoi più imperiosi interpreti Ruud Gullit, se è vero che ha dato una nuova impronta al calcio italiano, induce però a commettere un clamoroso errore quando si parla di Sacchi come innovatore. Egli, infatti, ha senz’altro innovato, inserendo nell’apatico calcio italiano una cultura del lavoro molto diversa rispetto a quella fino ad allora praticata, ma non era una novità. Già la grande Olanda di Cruijff e di Michels si allenava così. Ma anche la zona in Italia non l’ha portata Sacchi.
Nel Napoli di Luis Vinicio veniva già praticata con la variante del libero davanti alla difesa (Orlandini). Quel Napoli arrivò secondo dietro la Juve a due punti dallo scudetto, perduto per colpa di core ingrato Altafini che segnò il gol della vittoria a Torino. Ma era una squadra già altamente innovativa, spettacolare e divertente. Anche la Roma del barone Liedholm praticava una splendida zona. Nel 1983 vincerà il suo secondo scudetto della storia. Questo percorso culturale sportivo venne poi proseguito da Eriksson per volontà dell’allora grande Presidente Viola. E Sacchi non c’era ancora. Arrivato al Milan per volontà di Berlusconi ci si affidò a lui per rigenerare le sorti di una società indebitata, retrocessa anche in serie B, poco affascinante dopo l’addio di Gianni Rivera e più volte vittima dell’allora ufficio indagini della Federcalcio. Gli anni che seguiranno saranno imperiosi per gli investimenti fatti, per la qualità del gioco espresso e per le vittorie conseguite.
Però, e c’è un però; quel Milan di Sacchi e di Gullit, faticava e non poco a superare il Napoli di Maradona. Statistiche alla mano, quando il Napoli vinse il suo primo scudetto, in accoppiata con la coppa Italia delle 13 vittorie su 13, stagione 1986/87, c’era Berlusconi ma il Milan di Sacchi non ancora. Vinse il suo primo e unico campionato l’anno successivo, battendo proprio il Napoli nello scontro diretto al San Paolo. Ma preferiamo ricordare il grande pubblico del San Paolo che applaudì gli avversari vincitori, piuttosto che le voci delle mani della camorra sul campionato vinto dai rossoneri. Nelle due stagioni successive il Milan di Sacchi, pur vincendo in Europa, come il Napoli di Maradona, e nel mondo, arriverà sistematicamente dietro gli azzurri, con l’apoteosi dello scudetto del 1990 scucito dalle maglie rossonere dopo la fatal Verona. Poi, un certo Matarrese decise di distruggere il mito di Diego per vendicarsi della eliminazione dell’Italia ai mondiali proprio a Napoli, e proprio contro l’Argentina di Maradona. Da quel momento il Milan non ebbe più avversari. A conti fatti, quindi, in quattro anni solo una volta, il Sacchismo è prevalso sul Maradonismo, arrivando secondo anche dietro la Sampdoria, quando il Napoli di Diego aveva esaurito il proprio ciclo. E lo stesso Sacchi, da allora, non si è mai più visto su altre panchine. Ne comincerà un altro di ciclo, quello di Capello e poi di Ancelotti, sempre con Berlusconi presidente. E qui se ne apre uno parallelo, del primo e forse unico caso nella storia politica del mondo, dove un presidente di una squadra di calcio diventa Capo del Governo. A parte quella di Ronald Regan: l’attore.