di Mariateresa Di Pastena
Si può abbandonare tutto per amore? Lasciare un marito, un figlio, gli amici, la propria vita, per l’unico uomo capace di farti sentire finalmente viva?
E’ quello che è successo a Sara Morozzi, la protagonista dell’ultimo libro di Maurizio de Giovanni, “Sara al tramonto” (edito da Rizzoli, 360 pagine, 19 euro). Poliziotta in pensione, cinquantacinque anni, dai capelli e dai pensieri grigi, dopo aver compiuto la sua difficile ma inevitabile scelta, deve però fare i conti con la dolorosissima perdita sia dell’amore della sua vita che del suo unico figlio di cui non è stata capace fino in fondo di essere una vera madre.
Una panchina, illuminata dal tramonto e dalla vita quotidiana degli altri, diventa testimone dell’improvvisa voglia di Sara, celata perfino a se stessa, di ripercorrere un passato ed un presente tormentati, e di condividerli con Viola, che sta per renderla nonna e che la sosterrà inaspettatamente anche nelle indagini in cui viene coinvolta, suo malgrado, da una ex collega.
Davide Pardo, un poliziotto sui generis, con tanto di cane ingombrante al seguito, la affiancherà in un intricato caso da risolvere, o meglio da riaprire, tanto delicato quanto urgente: a rischio è, infatti, la salute di una bambina, nipote della vittima, un grosso “finanziere” che molto aveva da farsi perdonare e che ha un debole (sua nipote) ed una debolezza (le donne). La bimba è anche la figlia della donna ritenuta colpevole, e in carcere, la quale, nonostante non sia stata, ahimè neanche lei, anche se per motivi diversi, una buona madre (e neanche una buona figlia, vista la pesante accusa), sembra sinceramente preoccupata per la sorte della sua bambina.
Ma qualcosa non quadra e unisce, nella spasmodica ricerca della verità, Sara e Viola, complici, rispettivamente, nel ricordo e nell’attesa; apparentemente, e fisicamente, diverse, hanno in comune una particolare sensibilità: l’una, quasi invisibile agli occhi degli altri per il suo aspetto volutamente non curato, riesce a leggere le labbra, a carpire i segreti ed i pensieri della gente; l’altra, riesce, con l’obiettivo, a catturarne le immagini.
Sullo sfondo, un amore vero, quello tra Sara e Massimiliano. Un amore che, sopravvissuto alla morte dell’amato, sussurra e sospira tra le pagine del libro, affacciandosi prepotentemente su una realtà, quella che lei è costretta a vivere senza di lui, sospesa tra incubi e ricordi.
Ma, oltre a questo sentimento nobile, nel romanzo serpeggia, da qualche altra parte, l’odio, quello che non dà tregua e che, dopo essere stato covato a lungo, esplode senza pietà, rivendicando una sorta di “giustizia” terrena, anelata e raggiunta nel peggiore dei modi.
E non sono, forse, l’amore e l’odio, due binari paralleli su cui viaggiano treni apparentemente così distanti, eppure così vicini, tanto da sfiorarsi e, a volte, addirittura da scontrarsi? La potenza di questi due sentimenti muove il mondo e l’anima di questo, a dir poco, appassionante romanzo dall’inconfondibile e sempre sorprendente e rinnovato stile di de Giovanni che, con un linguaggio seducente, introspettivo e, all’occorrenza, ironico, ammalia il lettore, attirandolo a sé come una calamita.
Sara è una donna, ed è tutte le donne che, ad un certo punto della loro vita, devono inevitabilmente, e a volte necessariamente, fare i conti con il proprio passato, più o meno doloroso, e con il proprio presente, più o meno felice, per poter abbracciare il futuro.
I suoi capelli grigi hanno, infatti, il colore della rassegnazione che le siede accanto, una rassegnazione al tempo che passa e che lei non ha intenzione né voglia di fermare; hanno il colore della rinuncia ad un futuro che non ha scelto e che fa fatica ad accettare, a desiderare.
Difficile, ma non impossibile, ed anzi auspicabile, poter attribuire, a quegli stessi capelli grigi, il colore della speranza, che si nasconde negli angoli più bui del suo cuore e che, anche se inconsapevolmente, aspetta solo di essere scovata.