di Mariateresa Di Pastena
Lunedì 9 aprile, teatro Diana: sono passate da pochi minuti le 20.30 quando un abilissimo sassofono, quello di Marco Zurzolo, precede e poi annuncia l’ingresso sul palco di Maurizio de Giovanni, al cospetto di una sala gremita ed impaziente. Lo scrittore entra insieme al suo sorriso, aperto, gioviale, di chi sta per presentare con orgoglio l’ultima sua “creatura”, “Sara al tramonto”, edito da Rizzoli.
“Sara”, confessa emozionatissimo “mi è venuta a cercare di notte, era in un’automobile ferma ed aveva il volto di una donna al volante, il motore acceso. Una donna non più giovanissima, con i capelli grigi e lo sguardo perso nel vuoto, che mi colpì. Dopo essere tornato a casa, ebbi l’istinto di tornare lì a vedere, ma non trovai più l’auto, che, però, aveva lasciato la sua impronta asciutta, nonostante piovesse moltissimo. Dalle mie domande, su chi fosse, perché fosse lì e cosa stesse aspettando, è nata Sara, 55 anni, poliziotta in pensione”.
Umilmente e ancora una volta, de Giovanni ribadisce che anche questa protagonista gli ha donato la sua storia, senza che lui dovesse cercarla, e comincia a descriverla. Ma è quando appare sul palco Isabella Ragonese e le dà voce e sembianze, che Sara si presenta davvero. Mentre la bravissima attrice legge le pagine del libro e le presta magistralmente il corpo e l’anima, appaiono i gesti di Sara, i suoi pensieri, le sue angosce.
La magia, però, avviene soprattutto quando Maurizio de Giovanni si inserisce nella lettura, che diventa dialogo, dando vita ad un altro personaggio, Davide, uno “sbirro stropicciato” che affianca Sara. La sua voce inconfondibile diventa, ora, la vera ed unica padrona del suo racconto nato muto, figlio delle sue mani. Una voce calda, a volte cupa, che sembra voler graffiare l’anima. Le meravigliose note del sassofono non solo sottolineano la lettura e le parole, ad una ad una, ma le catturano e in un solo istante le spogliano, le accarezzano e le rivestono, prima che il pubblico le possa udire.
La sala è incantata ed il silenzio è surreale, quando, quasi alla fine della serata, il malore di una donna ed una voce che invoca un medico interrompono l’incantesimo. De Giovanni lascia immediatamente il se stesso scrittore sul palco e si precipita, preoccupato, a vedere che cosa è accaduto. Dopo una decina di minuti, il tempo di assicurarsi che la signora stia bene, e “Sara” esiste di nuovo.
In realtà, come annuncia la trama del libro, “Sara, che si muove in una Napoli periferica e lunare, non vuole esistere, il suo dono è l’invisibilità, il talento di rubare i segreti delle persone (quest’ultimo lo ha ereditato dall’autore!), leggendoli sulle labbra e nei pensieri.
Più che ad una presentazione di un libro, sembra di essere davanti ad un film o ad una rappresentazione teatrale, soprattutto quando anche gli altri personaggi si palesano, si materializzano, attraverso la lettura a due voci che fa entrare nelle pagine chi l’ascolta. Il pubblico non ha dubbi: è, questa, ancora una volta, la promessa di un racconto avvincente, struggente, un romanzo noir che, come afferma de Giovanni, è comunque, sempre, un romanzo d’amore. Ed è anche alla fine della serata, quando una lunghissima fila di persone con in mano il libro appena nato aspetta pazientemente l’autografo, una foto, un abbraccio, elargiti da de Giovanni generosamente, con semplicità e naturalezza, come fosse un vicino di casa, che si spiega l’enorme, meritato successo del nostro amatissimo scrittore.