Artista poliedrico, Luigi Calì ha scelto di restare nella sua città. Da qui è partita la sua sfida professionale. Oggi, a distanza di quattro anni da quella scommessa, Luigi è completamente assorbito dalla sua creatura, come la definisce lui, la “Phoenix Art” , un laboratorio di ricerca pittorica all’avanguardia, sito nel suggestivo scenario di via Solimena.
La galleria è diventata un punto di riferimento per tutti gli appassionati di arte e cultura.
Luigi, come nasce la tua passione per la pittura?
La pittura è da sempre nel mio DNA, anche mio padre dipinge e mi ha trasmesso questa passione, dandomi le prime dritte. Durante gli anni delle scuole medie, ho realizzato i primi disegni a matita. Successivamente ho seguito diversi corsi di pittura fra cui “Falsi d’autore”, organizzato da Giancarlo Rossi. E’ stato proprio lui a spingermi a proseguire nel mio percorso artistico e per questo non lo ringrazierò mai abbastanza.
Quali sono stati i tuoi punti di riferimento?
Padre Luigi De Maio, a lungo parroco della chiesa di San Domenico Soriano, è stato fra i primi a credere in me. Ero ancora alle prime armi, eppure mi affidò alcuni lavori artistici, permettendomi di esporre anche “La Zattera della Medusa”, la mia rivisitazione del grande capolavoro di Géricault.Mi ha sempre incitato a non buttare via il mio talento. Non è più fra noi e mi manca molto. Un’altra persona che mi sta accompagnando in questo percorso artistico è Claudio Canzanella.
Come descriveresti il tuo rapporto con la pittura? C’è un filo conduttore nelle tue opere?
Quando lavoro, mi estraneo completamente. Ho bisogno di solitudine. Mi piace sperimentare, fondere stili e materiali diversi, unire la pittura con la scultura. Sono un istintivo, ho una personalità eclettica per cui è abbastanza difficile trovare un filo conduttore. Credo che il leitmotiv sia la passione che trasmetto nelle mie opere, perché in tutte vi è un pezzetto della mia anima.
C’è un artista che ami in particolar modo?
I miei artisti preferiti sono Van Gogh, Klimt e Caravaggio, forse soprattutto quest’ultimo. Trovo che sia molto simile a me. Il percorso di Caravaggio, fuori e dentro la tela, è fatto luci ed ombre. Ha davvero colto l’essenza della natura umana. Non mi sono mai messo in gioco con questo pittore, non ho mai provato a rivisitarlo, perché per me è un mostro sacro. Chissà, forse un giorno riuscirò a superare questo tabù.
L’artista è genio e sregolatezza?
Non sempre. E’ un luogo comune. Oggi, ad esempio, la normalità è la vera trasgressione. Dalì è stato un genio ma il suo personaggio ha superato e forse offuscato le opere che ha realizzato nella sua vita. Io preferisco che a parlare siano le mie opere.
Quale consiglio daresti ai giovani desiderosi di intraprendere il tuo stesso percorso?
Di non arrendersi mai e di accettare senza paura le critiche, perché aiutano a crescere, a restare con i piedi per terra. In questo ambiente c’è molta competizione ed invidia, ma il mio consiglio è quello di non lasciarsi mai intimidire. Il talento deve essere coltivato e richiede tanti sacrifici, non c’è altra via per arrivare alla grandezza.
Ti sei mai pentito della tua scelta di rimanere a Napoli?
Direi di no, malgrado tutto. Napoli rappresenta una realtà difficile per noi artisti. Molti mi dicono che sono un folle a restare qui, ma io amo davvero Napoli. Forse la mia trasgressione è proprio questa: fare qualcosa per e nella mia città. Una volta, una signora mi disse di non andare via perché la mia galleria era un faro nella notte… il migliore incoraggiamento che potessi mai avere!
A proposito di soddisfazioni, il Museo di San Gennaro ha ancora in esposizione una tua opera, “Foedus Ianuarii”, che ha riscosso grande consenso. Hai altre mostre in cantiere?
Attualmente sono molto assorbito dalla “Phoenix Art”, come è giusto che sia. Forse parteciperò ad una collettiva a Sorrento e ho in cantiere un altro progetto per il 2018, ancora top secret. Voi sarete i primi a conoscerlo!