“Totò mio padre”, l’eredità di un uomo e un artista

Liliana de Curtis ripercorre nel suo libro il proprio rapporto con il padre

di Mariateresa Di Pastena

toto mio padre

Sono passati centoventi anni dalla sua nascita, eppure Totò non ha mai smesso di sorprenderci: lo fa anche dalle pagine di questo libro straordinario, “Totò mio padre”, dal titolo eloquente, in cui Liliana de Curtis (in collaborazione con Matilde Amorosi, terza edizione aggiornata, Rizzoli, 17 euro ) ripercorre uno dei rapporti più incisivi e delicati nella vita di una donna, quello con il proprio padre. Leggendolo, si scopre che l’immensa ammirazione che nutriamo per uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, man mano, si arricchisce, perché attraversa il nostro cuore e ne ruba ogni più piccola sfumatura. Tutti conosciamo Totò, o meglio crediamo di conoscerlo, perché abbiamo visto i suoi intramontabili film, le sue rappresentazioni teatrali, imparato a memoria le sue geniali battute, letto le sue poesie. Tra queste ultime, una per tutte, “A’ livella’, un capolavoro in cui Totò restituisce il mondo al mondo, attraverso la sacrosanta verità che davanti all’inesorabile morte diventiamo finalmente tutti uguali!
Tutti abbiamo riso e ridiamo davanti allo schermo, quando quest’ultimo ci propone le sue facce buffe, le sue “macchiette”, le sue frasi spesso capovolte e ingarbugliate, che sembrano senza senso, ma un senso ce l’hanno, eccome! Riuscire a divertire le persone, a farle ridere, riempie quelle stesse frasi di un significato sublime, di un valore assoluto, che esula dalla lingua, dalla grammatica, volutamente  reinventata, e dalla parola stessa, e diventa pura arte. Quelle frasi  si trasformano in frecce di zucchero che centrano in pieno le nostre labbra che diventano un bersaglio, e le costringono a sorridere. Anche se noi le abbiamo già sentite tante volte, le nostre orecchie fingono di non averle mai udite prima! Totò è e diventa perennemente originale e nuovo!
Solo in pochi, però, hanno conosciuto il vero Totò, l’uomo che, oltre ad amare appassionatamente il proprio lavoro, ha amato con fervore la moglie, la figlia Liliana, gli altri suoi affetti e, naturalmente, Napoli. Ed è proprio grazie a questo libro, testimonianza generosa di una figlia che ha ereditato l’uomo, il padre e l’artista fusi in Totò, che ci rendiamo conto  della ricchezza di sentimenti con cui quest’ultimo ha attraversato  paure, insicurezze, dolori, amore, successi, delusioni, sfarzi.
Fin dalle prime pagine ci sembra di lasciare il Totò artista e attore, tra i più amati ed apprezzati, seduto in poltrona nella scena di uno dei suoi film, e di osservare l’altro Totò sollevarsi, uscire dal set cinematografico e vivere tutta la sua vita, anche se sempre inscindibile dal suo lavoro, attraverso lo sguardo dolce, protettivo, ma anche a volte critico e severo (soprattutto con se stessa), di una bambina che cresce insieme alle pagine del libro, fino a diventare una donna consapevole, fiera del grande privilegio e della responsabilità di avere avuto Totò come padre. Una figlia che, come tutti coloro che perdono un genitore, pensa di non averlo compreso abbastanza, di averlo in qualche modo deluso.
Ce lo descrive artista instancabile tra successi e critiche iniziali ingiuste, che lo hanno ferito e che poi gli hanno reso totale giustizia solo dopo la sua morte; pieno di contraddizioni eppure coerente, con una visione pessimistica del genere umano che non stenta a manifestare più volte nei suoi scritti, umile e magnanimo con i bisognosi in modo commovente, estimatore della natura pura degli animali. Il suo cane Dick fu per lui, infatti, un amico fedele, un “visconte” (così lo soprannominò, per il suo animo nobile) per la cui perdita soffrì moltissimo. Ma forse è proprio lo stesso Totò a  prenderci per mano e a condurci nella sua vita: dapprima bambino, con un’infanzia complicata e intrisa di vuoti, che si porterà dietro e cercherà di colmare, cercando una sorta di riscatto affettivo e sociale. Un bambino, però, già originale e bizzarro che scopre presto la  sua passione; poi ragazzo e uomo, tradizionale e trasgressivo allo stesso tempo, sensibile al fascino femminile; marito innamorato ed estremamente possessivo, padre impeccabile (purtroppo, il suo secondo figlio, Massenzio, morì subito dopo la nascita e ciò, naturalmente, diede, a lui e alla sua famiglia, un dolore immenso)  e nonno premuroso,  Continua a tenerci per mano e a guidarci anche nel momento in cui la sua vista, già precaria, lo abbandona quasi completamente, e poi fino al suo ultimo giorno. Alla fine del libro, prima delle bellissime parole con cui la nipote di Totò, Elena Anticoli de Curtis accarezza quelle della mamma, ci sembra di vedere Totò che torna a sedersi su quella poltrona in quella scena del film rimasta in sospeso… E ci appare, finalmente, in tutta la sua autenticità, perché, di Totò, oltre all’indiscutibile dimensione artistica, ora conosciamo un po’ anche la sua altrettanto unica e preziosa dimensione umana. E lo dobbiamo a sua figlia, la sua “principessa”, e alle bellissime pagine che compongono questo  regalo prezioso che insieme, padre e figlia, ci hanno fatto. Nella dedica iniziale, Liliana de Curtis scrive “A tutti quelli che hanno nel cuore Totò. Con gratitudine”. Dedicato a tutti, dunque…. Ma, per quanto riguarda la gratitudine, la dobbiamo noi (tantissima), ad entrambi.