di Mariateresa Di Pastena
Se c’è un luogo in cui si può e si deve guardare sempre il mondo con occhi puri e pieni di speranza, quello è sicuramente la scuola. Le classi sono sempre state piccole grandi oasi in cui gli alunni fanno ogni giorno le prove dello spettacolo più bello e originale: la loro vita. Imparano, e mettono in pratica, le regole del vivere civile, la sana competizione; imparano ad accettare se stessi e gli altri, a rapportarsi al mondo, ad amarlo e rispettarlo, partendo proprio da quella piccola società che è la propria classe. È qui che scattano tutte quelle dinamiche che ritrovano fuori, o che dovranno affrontare un domani nella vita e nel lavoro (naturalmente, anche lo sport, con le sue regole e la disciplina, fa la sua parte, in questo). Imparano a convivere, ad accettare se stessi e gli altri; a riconoscere, e quindi a superare, i propri limiti, e a credere in se stessi. Perché la scuola è soprattutto questo che deve insegnare. Inoltre, attraverso lo studio ed il dialogo, si confrontano ogni giorno con il presente ed il passato, per poter poi costruire il loro futuro, un futuro migliore.
Perché a questo servono, o almeno dovrebbero servire, la Storia e la Memoria: a non ripetere gli stessi errori. Quante volte lo abbiamo ribadito? E quante volte, guardando il mondo intorno a noi, ci abbiamo creduto fino in fondo? Così, guidati a casa dai loro genitori, e a scuola da noi insegnanti, i bambini e i ragazzi arricchiscono mente e cuore, riempiendo continuamente i loro zaini di regole, di sogni, di lezioni e trasportando da una parte all’altra emozioni nuove, con la smania, la curiosità e l’entusiasmo tipici della loro tanto bella quanto delicata e complicata età. Ad un tratto, due anni fa, la pandemia ha coperto i loro sorrisi, ma non li ha mai spenti. Perché, quei sorrisi nascosti, la scuola li ha protetti, cullati, prendendosene cura in tutti i modi, anche quando ha perso la sua vera casa ed è entrata in quella di ognuno di loro. E più volte abbiamo elogiato la forza e la resilienza degli alunni, il loro grande esempio, e anche lo spirito di adattamento che ha caratterizzato anche noi docenti, le famiglie e la scuola tutta. Insomma, crediamo che questa generazione abbia già sofferto abbastanza! Ed ora che la pandemia un po’ si stava arrendendo (senza mai naturalmente dimenticare tutto il male e i danni che ha fatto al mondo), e che l’aula è diventata di nuovo la loro seconda casa… Ora che stanno ritrovando con fatica ed entusiasmo se stessi e gli altri, tenendo ancora stretti a sé i loro sogni… Ora che succede? Si svegliano i libri di storia, anzi le pagine più buie della Storia, quelle di cui, in classe, raccontiamo da sempre gli orrori e la follia… E in Europa, dopo decenni di pace, torna un incubo chiamato guerra… Ora che si fa? Subito, le parole, per prime, all’inizio, si sono arrese. E poi lo sguardo, incrociando quello dei bambini, dei ragazzi, anche lui ha vacillato. E sono arrivate le loro domande e le nostre risposte, naturalmente adeguate alla loro età. Guardando fuori dalla finestra dell’aula, da cui entra il mondo reale, ora ci sembra di vedere all’improvviso la guerra, le bombe, la sofferenza, la morte. A due passi da noi. Anzi, non ci sembra: è cosi! Quelli che possono, fuggono insieme alle loro famiglie spesso spezzate. Bambini e ragazzi dai volti senza sorrisi, e privati, ad un tratto, della loro quotidianità… E di nuovo, banchi di nebbia nelle scuole del mondo, banchi offuscati, stavolta di sicuro, dalla crudeltà umana. E, tra quegli stessi banchi, la speranza che l’orrore finisca al più presto.
Perché la pandemia ci ha insegnato che non esistono, non devono esistere, confini o popoli, ma solo l’umanità. E che noi siamo gli altri. Perché il loro dolore è anche il nostro, appartiene all’umanità intera. E questo ce l’ hanno insegnato proprio la Storia e la Memoria. Ma solo a chi ha voluto impararlo e farne tesoro. Perché, sulla Terra, è proprio quando il cuore tace, che nasce la guerra e muore la Pace.