Nelle ultime settimane è tornata alla ribalta la realtà carceraria napoletana. Merito delle numerose iniziative poste in essere da diversi movimenti politici e associazioni: da Radicali Italiani alla Camera Penale, da Arcigay a De.Ma. passando per Gioco di Squadra fino agli ex detenuti organizzati e all’ex opg occupato, solo per citare alcuni. Ma cosa lasciano, al di là dei freddi numeri, le visite ispettive effettuate nei giorni scorsi? Solo per restare a Napoli, salta agli occhi la differenza fra il carcere di Secondigliano e quello di Poggioreale. Ad accomunare i due istituti, la fase di transizione con le due direttrici in pectore (Maria Luisa Palma a Poggioreale, Giulia Rossi a Secondigliano) destinate a trovarsi dinanzi a problemi incomparabili. I parametri per giudicare l’efficienza di un carcere possono essere diversi ma prendendone alcuni come il sovraffollamento, il rispetto della sentenza Torregiani, le condizioni igieniche, quelle dei malati, la rieducazione e il tempo che si trascorre in cella, è possibile quanto meno farsi un’idea della situazione.
Partendo dal sovraffollamento, persiste la strutturalità del fenomeno con le capienze delle singole strutture sempre considerate come la metà rispetto a quanti detenuti possono essere ospitati. Così a Secondigliano vivono oltre 1.300 persone in non più di 800 posti progettati e a Poggioreale 2.210 detenuti su una capienza regolamentare di 1637. Vero che in passato si è stati in presenza di numeri peggiori ma il fenomeno sta tornando, specialmente a causa dell’innalzamento delle pene minime edittali anche per reati minori e della quasi totale assenza di misure alternative alla detenzione. Fenomeno che diventa ancora più preoccupante quando ci si imbatte in una moltitudine di detenuti in attesa di giudizio, talvolta costretti ad aspettare interi mesi prima di un’udienza. Problema questo particolarmente avvertito a Poggioreale che, in qualità di casa circondariale, sarebbe un punto di passaggio reso però permanente, o quasi, a causa dei tempi lunghi per la celebrazione dei processi.
Il sovraffollamento incide sul rispetto della sentenza Torregiani: sia a Secondigliano che a Poggioreale affermano di garantire tre metri di superficie calpestabile a ogni detenuto nella propria cella, al netto di letto e mobili. Se a Secondigliano ciò appare effettivamente rispettato, vi sono padiglioni a Poggioreale dove appare ancora palese la violazione della sentenza. Le condizioni del padiglione Milano sono a dir poco drammatiche, un padiglione divenuto tristemente noto per celle che ospitano fino a nove detenuti in spazi ridottissimi e, finanche a occhio nudo, incompatibili con quanto stabilito dalla Cedu. Cedu che, urge sempre ricordarlo, nel 2013 ha parlato apertamente di “trattamenti inumani e degradanti” nelle carceri italiane. La buona notizia è che, sia a Secondigliano che a Poggioreale, le capienze saranno aumentate: di 150 unità a Secondigliano nel reparto Ionio e di 70 a Poggioreale con l’attesa apertura del padiglione Genova. Un’emergenza destinata sì ad alleggerirsi ma non ad essere risolta in assenza di investimenti, da qui il dito puntato da un agente di Poggioreale contro il Provveditorato per le Opere Pubbliche, colpevole di tenere bloccati 15 milioni già stanziati per l’edilizia carceraria e le ristrutturazioni.
Il combinato disposto fra sovraffollamento e una struttura ottocentesca, non può che produrre muffe, insetti, pareti talmente malmesse che i detenuti hanno dovuto tappezzarle coi giornali, e servizi igienici posti a pochi passi dalle stoviglie e dalla zona cucina. Servizi igienici che, a chiamarli tali, risulta quasi eufemistico. Come hanno mostrato i detenuti di Poggioreale a chi si è recato nei giorni scorsi in visita nelle loro celle. Problemi che a Secondigliano, da questo punto di vista, non hanno ma che a Poggioreale continuano a far porre il quesito se tale struttura sia ancora al passo coi tempi. Condizioni degradate che possono portare i detenuti ad entrare sani in carcere per poi ammalarsi. Non è affatto raro imbattersi in detenuti palesemente sofferenti, chi immobile sul proprio letto, chi con l’asma e patisce l’aria umida e pesante, chi con le stampelle, rinchiusi ad attendere per mesi una visita o un ricovero in padiglioni comuni e non nel centro clinico o in ospedale. Una realtà tristemente nota a Poggioreale che, ancora una volta, vede in Secondigliano una sorta di mondo opposto, laddove abbondano cure e specialisti. Discorso a parte per i malati psichiatrici e gli ex pazienti dell’opg, costretti ancora a vivere in carcere per la mancanza di strutture d’accoglienza o per le carenze di sorveglianza delle Rems.
Notizie di tutt’altro segno per quanto riguarda il tempo che i detenuti trascorrono al di fuori della cella con le otto ore al giorno (una mezz’ora in più a Secondigliano) fra passeggio, socialità e attività, garantite sia a Poggioreale che a Secondigliano. In questo senso si sono ottenuti passi in avanti a livello di offerta formativa sia per quanto concerne l’istruzione che l’avviamento al lavoro. Merito di gestioni passate che hanno visto impegnate professionalità importanti. Innegabile in questo senso il lavoro di Antonio Fullone. L’ex direttore di Poggioreale, ora Provveditore per le carceri di Umbria e Toscana, ha favorito un nuovo rapporto fra detenuti, struttura e perfino agenti, con l’implemento delle attività anche grazie alle cooperative e alle associazioni che in carcere lavorano. Terzo settore che di fatto supplisce alla totale assenza di investimenti pubblici. Resta sempre il fatto che per rieducare e coinvolgere tutti i detenuti occorrerebbero sforzi maggiori che i singoli direttori non possono sostenere. La presenza di soli 16 educatori a Poggioreale, uno ogni 150 detenuti, è un dato eloquente come quello sulle quote di ristretti ammessi a corsi abilitanti, riservati a poche decine di “fortunati”. Dato che può sovrapporsi a quello, analogo, della carenza di agenti penitenziari che sono sempre al di sotto rispetto a quanto prevedono le piante organiche, sia a Poggioreale che a Secondigliano, con gli sforzi del caso a cui i poliziotti sono costretti.
La realtà carceraria napoletana è in transizione, dopo la recente nomina di Samuele Ciambriello come nuovo garante dei detenuti della Campania al posto della compianta Adriana Tocco (persona vicina ai detenuti come poche, difficile da sostituire per chiunque) non resta che attendere il corso che intraprenderanno le carceri cittadine con l’avvento delle nuove direttrici. E, perché no, auspicare in un buon lavoro data l’enorme mole di problemi che, specie a Poggioreale, vanno affrontati. Auguri.
Fabrizio Ferrante