Le pazienti stano bene e sono a casa: due giorni di degenza per la donatrice, sei per la ricevente. L’innovativo approccio chirurgico garantisce maggiore precisione, riduzione del dolore post-operatorio e dei tempi di degenza e ripresa.
Anna (nome di fantasia per tutelarne la privacy ndr), trentaquattro anni, napoletana, ricorda bene le lunghe sedute di dialisi a cui spesso accompagnava la nonna. Da qui la scelta di donare il rene a sua madre che, affetta da una malattia congenita ed ereditaria, sarebbe andata incontro allo stesso difficile percorso. Madre e figlia sono state assistite dall’equipe dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli dedicata ai trapianti di rene e guidata dal prof. Roberto Troisi (direttore del Programma Trapianti e della UOC di Chirurgia Epatobiliopancreatica mininvasiva e Robotica e dei trapianti di rene) che, la scorsa settimana, ha effettuato il trapianto, insieme al prof. Roberto Montalti, con un’innovativa tecnica robotica. Il prelievo del rene è avvenuto, infatti, utilizzando la chirurgia mininvasiva robotica che consente una maggiore precisione chirurgica, una riduzione del dolore post-operatorio e dei tempi di degenza e recupero funzionale. L’ottimale definizione chirurgica viene inoltre ottenuta grazie alle ricostruzioni virtuali tridimensionali dell’anatomia del rene e delle sue strutture vascolari che vengono aggiunte allo schermo della piattaforma robotica. Madre e figlia stanno bene e sono state già dimesse: solo due giorni di degenza per la donatrice, sei giorni per la ricevente. Oggi finalmente la madre di Anna può evitare di doversi sottoporre alle lunghe sedute di dialisi che segnano il percorso dei pazienti con insufficienza renale cronica.
“Grazie all’approccio robotico i rischi per il donatore sono minimi. Per il prelievo dell’organo vengono praticati solo tre forellini di 8 millimetri sul fianco e una piccola incisione nella zona sovra pubica per estrarre l’organo. Il dolore postoperatorio con l’approccio robotico è veramente lieve ed il donatore si alimenta la giornata stessa dell’intervento. In sintesi, la tecnologia robotica permette di eseguire interventi ad elevata complessità con estrema precisione migliorando ulteriormente l’impatto fisico. Oggigiorno è sempre più richiesto l’approccio mininvasivo nella donazione da vivente non solo per il rene, ma anche per il fegato”, sottolinea il prof. Troisi.
Il trapianto di rene è stato gestito, per la parte anestesiologica, dal dott. Giuseppe De Simone (responsabile della UOSD di Terapia intensiva postoperatoria e dei trapianti afferente al Dipartimento diretto dal prof. Giuseppe Servillo). Le pazienti sono state seguite, durante tutto il percorso, dal team chirurgico, infermieristico e dall’area nefrologica, dalla dott.ssa Rosa Carrano (responsabile della UOSD Percorso clinico assistenziale in nefrologia e nel trapianto renale) e dal dott. Fabrizio Salemi. Il programma trapianti si inscrive anche nell’evoluzione delle discipline chirurgiche riunite sotto un unico DAI diretto dal Prof. Giovanni Domenico De Palma con lo scopo di razionalizzare e sviluppare in modo omogeneo i diversi campi sub specialistici della chirurgia generale.
Solo pochi centri in Italia eseguono con tecnica mininvasiva robotica il trapianto di rene. Presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, dall’inizio dell’anno, ne sono stati eseguiti 6, evitando così a molti pazienti campani, anche nel prossimo futuro, di doversi recare fuori regione.
“Il trapianto di rene da donatore vivente è l’opzione migliore rispetto al donatore con morte cerebrale, in quanto riduce sensibilmente i costi sociali, i danni e le sofferenze della dialisi permettendo al ricevente di avere un organo perfetto, garantito al 100% con una funzionalità ottimale, sia a breve che a lungo termine. Da non dimenticare poi che i rischi per i donatori sono veramente minimi, questo anche grazie al monitoraggio costante offerto negli anni a venire dal team trapiantologico e alla maggiore attenzione agli stili di vita conseguenti alla donazione”, aggiunge Troisi.
Attualmente a Napoli sono in valutazione per trapianto da donatore vivente altre 6 coppie e per alcune si sta valutando la possibilità del trapianto cross-over. Secondo tale modalità, diverse coppie per le quali non sia possibile procedere con il trapianto da vivente per una incompatibilità di gruppo sanguigno, possono entrare in un circuito al fine di trovare un’altra coppia idonea, in cui il donatore della prima donerà al ricevente della seconda, mentre il donatore della seconda coppia donerà al ricevente della prima coppia. Sia il trapianto da donatore vivente che quello cross-over sono progetti fortemente supportati dal Centro Nazionale Trapianti di Roma ed attuati con l’ausilio del Centro Regionale Trapianti. Uno dei punti di forza del centro Trapianti di Napoli è inoltre il ridotto tempo di preparazione della coppia donatore/ricevente che, con l’implementazione del programma, risulta essere oggi inferiore ai 40 giorni, fra i tempi più brevi d’Italia.
“Insieme al direttore sanitario Anna Borrelli e al direttore amministrativo Stefano Visani proseguiremo nella valorizzazione delle attività trapiantologiche, promuovendo la cultura della donazione e continuando ad investire in termini di risorse e di innovazione tecnologica”, conclude il Direttore Generale dell’AOU Federico II Giuseppe Longo.