di Marco Martone
La settimana scorsa peggio della sconfitta con la Roma c’era stato il gol di Dybala al 94esimo contro la Lazio. Peggio di questo scialbo pareggio con l’Inter c’è stato oggi l’atteggiamento della squadra, apparsa a tratti svogliata, quasi impalpabile, come se non ci credesse più. Non si spiegherebbero altrimenti i primi 45 minuti di nulla, al Meazza, senza lo straccio di un tiro in porta e una ripresa leggermente migliore, nel corso della quale, però, Insigne e compagni si sono distinti più per le giocate circensi e da funamboli che non per la reale voglia di far male all’avversario.
Chiariamo subito un concetto! Il Napoli sta facendo un campionato strepitoso e alla fine, anche se dovesse terminare al secondo posto, rimarrebbe una stagione positiva, ancorché macchiata da una delusione senza paragoni. Resterebbe poi da valutare la gestione delle altre competizioni, Coppa Italia ed Europa League e quella scelta di rinunciare, forse inconscia, che per alcuni era dovuta, per altri resta scellerata. Ma questo è un altro discorso. Certo, oggi, dopo aver conquistato un punto in due partite, contro Roma e Inter, avere a disposizione un altro obiettivo di stagione non sarebbe affatto male. Ma tant’è!
Contro l’Inter il Napoli avrebbe dovuto giocare la gara della vita, serviva una prestazione da “ultima spiaggia”. Così non è stato. Merito anche di Spalletti, che ancora una volta ha alzato le palizzate, limitando al massimo la pericolosità degli attaccanti di Sarri ma colpa anche degli azzurri, alcuni dei quali decisamente sotto tono, che dovrebbero rendersi conto, ogni tanto, che le partite non si possono sempre vincere attraverso i ricami e le cineserie. Sotto rete c’è bisogno di concretezza, brutalità, cattiveria. La tecnica, spesso, non è sufficiente.
A conti fatti Handanovic non ha dovuto fare una sola parata e le occasioni più ghiotte il Napoli le ha sciupate con Insigne e Mertens, che hanno scelto sempre la conclusione più difficile e spettacolare, senza mai trovare il bersaglio pieno. Anche le scelte dell’allenatore, questa volta, non hanno convinto.
L’aritmetica non condanna gli azzurri, che adesso sono dietro di un punto, in attesa di Juve-Atalanta. Ci sono dieci gare e lo scontro diretto da giocare a Torino. Il sogno scudetto è appeso a un filo ma l’obbligo è quello di lottare, fino a quando non si sarà spezzato del tutto.