Bisogna chiarire molte cose. Innanzitutto che la comunità scientifica fino a quando non scopra un vaccino può fare soltanto due cose: la prima individuare la miglior terapia possibile per curare gli effetti del covid; la seconda quella di spiegare che l’unica strada praticabile per fermarne la diffusione è quella di interrompere la linea dei contagi attraverso l’isolamento, che non è poi una grande novità: (Kate Winselt in Contagion, film del 2011, lo spiega molto bene). Ma altro non può e non le spetta fare. Spetta alla politica nazionale ed internazionale cercare il miglior modo possibile per far coesistere la necessità di evitare che la malattia si propaghi, con le esigenze economiche e finanziarie di una nazione, che per quanto possa garantire indennizzi e prebende, è abbastanza evidente che non soltanto non possono durare a lungo, ma soprattutto che non possono risultare per niente soddisfacenti. Ulteriore aspetto da chiarire è quello del ruolo di alcuni scienziati, che sensibili alla notorietà pubblica e televisiva, hanno dato il peggio di sé affermando oggi per smentire domani, valutazioni e prospettive a loro volta strumentalizzati e strumentalizzate dalla più becera politica, che ha mandato, nella prima fase di diffusione del virus, migliaia di persone a morire: 17.000 nella sola Lombardia e 38.000 in Italia. Forse per obbedire ai diktat di Confindustria, forse per succhiare alle risorse economiche sanitarie quanto più danaro è stato ed è ancora possibile, e questo soltanto il tempo ce lo dirà, però è del tutto evidente che Governo ed opposizione hanno offerto la peggiore immagine possibile di come si faccia politica, perdendo ogni credibilità agli occhi del popolo e degli elettori.
La mancanza di ogni prospettiva distrugge il morale di qualsiasi popolo. In una guerra ad esempio, si va a morire in nome degli ideali di libertà ed indipendenza. Dopo una catastrofe naturale, un terremoto, uno tsunami, la prospettiva della ricostruzione alimenta il desiderio di riscatto. Oggi non c’è niente di tutto questo. C’è invece un virus subdolo ed assassino che sopravvive grazie all’incapacità degli uomini di unirsi per combatterlo e debellarlo; dai negazionisti che vogliono conservare il piccolo mondo che si sono conquistati col rischio di vederselo distruggere a colpi di contagi; agli allarmisti, che invocano la chiusura di tutto e tutti senza sapere per quanto tempo, ma soprattutto ignorando cosa e come fare dopo, datosi che la finanza e l’economia saranno state azzerate del tutto. Non è un problema di democrazia, piuttosto che di dittatura, o di anarchia, ma è un problema di coscienza civica e civile che negli ultimi venticinque anni almeno, è andata definitivamente a dissolversi, eliminando ogni ideale di nazione e di popolo. E i divisionisti, qui in Italia, hanno un nome e un cognome.