Come dimenticarlo in Vincenzino nel film della Wertmuller “Io speriamo che me la cavo” o ancora in Spillo nella fiction tv con massimo D’Apporto “Amico mio”. Stiamo parlando di Adriano Pantaleo che oggi ha una carriera ricca di ruoli dal cinema, al teatro, dove lo ricordiamo nell’adattamento teatrale di Mario Martone del “Sindaco del Rione Sanità” e nell’adattamento teatrale di “Gomorra” fino all tv anche in età matura con “Tutti pazzi per amore”. Dal 2014, insieme ad altri colleghi, partecipa all’avventura del Nest, teatro nato sulle ceneri di un edificio dismesso a San Giovanni a Teduccio. Ne ha fatta di strada Adriano, originario di Scampia, suo quartiere natale e dalla periferia ha dovuto allontanarsi, ora vive a Roma, ma la sensibilità artistica e l’attenzione al sociale anche nei temi che affronta sono una costante nella vita e nella parabola artistica dell’attore e regista. Adriano Pantaleo si è cimentato anche come regista con il corto, sua opera prima: “Sensazioni d’amore”, ispirata al fenomeno reale dei cantanti neomelodici, scritto da Marco Marsullo, prodotto da Pierpaolo Verga per O’Groove, in collaborazione con Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo per Terra Nera. Il corto vede tra gli interpreti lo stesso Pantaleo con Antonio Pennarella, Viviana Cangiano, Luigi Cesarano, Giovanni Rienzo e ben 60 comparse, le musiche sono curate da Mariano Bellopede. Il Corto che ha avuto diversi riconoscimenti in giro per l’Italia è stata riconosciuta come miglior produzione ai David di Donatello 2017.
La sua opera prima è stata presentata nell’ambito del laboratorio di produzioni audiovisive teatrali e cinematografiche diretto e voluto dal professore e film maker Francesco Giordano.
Il regista, che ha detto di essere particolarmente felice e stimolato dal confronto con gli studenti del laboratorio, sollecitato dalle domande dei ragazzi ha raccontato di aver sentito l’esigenza di avvicinarsi all’universo dei cantanti neomelodici utilizzando però un punto di vista insolito, uno sguardo diverso: quello del cantante appunto. La sua idea era quella di fare un film che non fosse ‘giudicante’. Ha sentito la necessità dunque di utilizzare codici diversi più moderni e meno realistici di quelli con cui si è solitamente abituati a veder raccontato questo mondo e di cui si è spesso assuefatti. La strada della black comedy dai toni grotteschi e talvolta esasperati, come d’altronde sono i ricevimenti di una ‘certa Napoli’, è sembrata rispondere a queste esigenze e per fare in modo che il film mantenesse uno spessore anche di indagine sociale ha optato per un finale crudo e reale. In questo modo , come sottolinea Pantaleo, ha voluto evidenziare l’inevitabile destino tragico di chi si trova intrappolato nel ‘sistema’ camorra anche essendone totalmente fuori, o se vogliamo ai margini, suo malgrado.
Fondamentale oltre all’aspetto sociale l’uso della musica, strumento universale potentissimo a livello comunicativo, che costruisce essa stessa la narrazione all’interno di un prodotto audiovisivo ed è tra i più efficaci linguaggi che esistano per veicolare emozioni, anche quelle più profonde per il suo valore empatico e per riannodare i fili della memoria o per affermare la propria identità. A Napoli la musica è vitale, questo è un dato di fatto, canzoni e melodie echeggiano in ogni vicolo e chi nasce tra le strade napoletane è pieno di sogni diversi ma quello di diventare un famoso cantante è senza dubbio una delle maggiori aspirazioni. Un sogno che di solito inizia a prendere forme con gli applausi nelle piazzette del proprio quartiere che fanno da apripista alla crescita della fama.
“Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime”. Così sì si esprimeva Victor Hugo a proposito della musica, che non è mai solo una sequenza di note o una melodia.
Proseguono dunque con successo e partecipazioni gli incontri aperti al pubblico dell’Orientale, che permettono ai giovani studenti di incontrare e interagire con professionisti dell’audiovisivo con cui hanno la possibilità di confrontarsi, creare sinergie, mettersi in gioco e che vede sempre più ragazzi non meri spettatori ma creatori essi stessi di contenuti e partecipanti attivi di un percorso che mira ad oltrepassare e abbattare le mura universitarie e proseguire all’esterno.