Fabio de Paulis
Per elaborarlo ho avvertito il bisogno di vedere due volte Hammamet. Dovevo risolvere il conflitto interiore della valutazione postuma sull’uomo Craxi, sulla politica italiana, sui cambiamenti della società ed infine come operatore del diritto sulle vicende giudiziarie e i suoi effetti. Il film ci fa conoscere il Craxi uomo, il dramma dell’esilio politico o latitanza che dir si voglia, l’incalzante malattia affrontata fino alla morte coerentemente con il suo carattere di non consegnarsi a quella giustizia che ne aveva fatto l’unico colpevole di un certo modo di fare politica. Ci consegna il suo rapporto con la figlia che se ne prende cura sotto ogni aspetto, unica rimasta a sopportarne gli altalenanti umori. Un uomo sconosciuto ai più, portato sulla scena magistralmente da Favino, presumibilmente molto simile al vero. La mia generazione ha vissuto appieno quegli anni, della nascita, crescita e fine dell’uomo Craxi, sia politicamente che fisicamente.
Qui al sud erano gli anni del post terremoto, della ricostruzione di intere città, paesi e zone interne, vie di comunicazione comprese; mentre al nord esplodeva invece la Milano da bere. In Italia prima di Craxi, eravamo abituati ad una vita frugale, all’impegno politico e sociale perché provenivamo dagli anni settanta: gli anni di piombo, del terrorismo, dello stragismo, dell’eversismo, delle occasioni mancate soprattutto di rilancio economico della società meridionale. In quegli anni il dibattito politico in qualsiasi luogo della società, era molto vivace e attento. C’erano due grandi partiti: la Democrazia Cristiana poco incline a rinnovarsi nell’ideologia e nei modi di fare politica, e il Partito Comunista che cercava di evolversi affrancandosi progressivamente dall’ideologia comunista di Mosca e del Patto di Varsavia. Da questa evoluzione prese forma e corpo il partito socialista di Craxi, volto ad un socialismo democratico e libertario che condannava il marxismo e il leninismo ancora fondanti del pensiero comunista. (Espresso 27 agosto 1978). Una linea politica che venne molto apprezzata in sede elettorale portando il partito socialista a consensi mai raggiunti prima. Il risultato fu che partito comunista e democrazia cristiana finirono per arroccarsi nelle proprie posizioni, mentre il socialismo craxiano in nome di una politica aggressiva, ambiziosa, ingorda e sguaiata, ma soprattutto individualista, rinunciava al raggiungimento di valori collettivi e degli ideali sociali che da sempre erano stati i principali obiettivi politici.
La politica divenne spettacolo, le tv trasmettevano modelli sociali irraggiungibili senza compromessi, nuovi e vecchi miliardari si contendevano la scena, imprenditori ed affaristi cominciarono a moltiplicarsi indebitandosi ed indebitando le banche, modelle e ballerine, evasori ed eversori, traffichini e discotecomani, modaioli e cocainomani. Non fu difficile cadere nel delirio di onnipotenza, non era difficile credere di essere immuni e quindi di poter commettere reati solo perché quello era il prezzo della politica, anzi era il bello della politica, affaristica e imprenditoriale, quella delle tangenti, del tanto lo fanno tutti, del fine giustifica i mezzi. Ed è stato proprio questo il suo declino, la chiamata in correità per difendersi dalle accuse di corruzione, finanziamento illecito del partito e ricettazione. Reati gravi di cui se ne conosceva l’esistenza come se ne conosce il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, cui si è ben pensato poterne sfuggire con il semplice così fan tutti. La giustizia orientata piuttosto che quella ad orologeria sono concetti difficili da dimostrare per sostenere l’insostenibile.
Piuttosto è stato brutto, molto brutto scoprire un’Italia giustizialista, forcaiola e assassina che giudice di una giustizia sommaria e ipocritamente morale, immoralmente non riesce proprio ad aspettare l’esito dei giudizi e rispettare il principio della presunzione di innocenza fino a quando non sia legalmente provata la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. Di questo è stato certamente vittima Craxi. Avrebbe meritato un giudizio politico da parte del popolo italiano, anche postumo, che lo avrebbe visto uscire senz’altro ridimensionato forse sconfitto, come chi ne ha preso il posto negli anni a venire camuffandosi, senza però averne lo spessore politico e ripercorrendo lo stesso cliché con l’aggiunta però di nani, saltimbanchi e ballerine.