Appunti sparsi, frammenti di vita e di storia di una città perennemente lacerata dal martirio delle sue contraddizioni.
di Lino Zaccaria
Roberto Saviano è uno scrittore celebre, ha venduto milioni di copie di libri e l’impegno che mette nelle sue opere nel descrivere il “sistema” camorra lo costringe a non vivere. Sotto scorta costante da anni, si affida al moto perpetuo, non ha una dimora fissa, non ha famiglia e nelle sue condizioni sarà difficile che possa formarsela. Una vita da inferno. Merita quindi tutta la comprensione umana e la solidarietà unanime, non solo dei napoletani.
Saviano, però, è un personaggio discusso, amato da molti, vituperato da moltissimi. Spesso irrompe nel dibattito pubblico con prese di posizione più che provocatorie, addirittura insultanti, impregnate di un’acrimonia che sarebbe ingiustificabile per uno scrittore del suo livello, se non fosse spiegata dal vissuto appena descritto. Le sue irruzioni il più delle oltre soffrono distintamente del crisma della faziosità e tutto ciò gli ha procurato più antipatie che simpatie. Litiga quasi con tutti (anche con De Magistris) e i recenti scontri con Salvini testimoniano di questa sua incombenza che viene giudicata urticante e in qualche frangente persino odiosa.
Tutto ciò premesso ci sentiamo di prendere le sue parti nell’ultima vicenda che lo ha visto protagonista nei giorni scorsi, dopo il riconoscimento ottenuto al festival di Berlino con il film “La paranza dei bambini”, tratto dall’omonimo best-seller. Come già avvenne per Gomorra i perbenisti hanno ricominciato a sparargli contro velenose accuse. Diffama Napoli, getta solo fango sulla città. Davvero? Ma bisogna avere gli occhi foderati di prosciutto per non vedere che quel che narra e mette in scena Saviano è solo ed esclusivamente l’esatta fotografia di quel che accade a Napoli e provincia. Ogni giorno le cronache ci parlano di “stese”, un sostantivo solo fino a qualche anno fa sconosciuto anche alla stragrande maggioranza dei napoletani.
Giovanotti allevati al culto della prepotenza, della sopraffazione e del malaffare, rimasti il più delle volte privi di “guida” per l’arresto del boss di riferimento e quindi preda di un delirio di onnipotenza camorristica, si scannano fra di loro per marcare il territorio e assumere il ruolo del comando. Il livello immediatamente precedente nella scalata criminale è quello dei giovanissimi bulli che impazzano con le loro bravate solo per crearsi i primi margini di notorietà. L’aggressione ad Arturo in via Foria ne è tipico esempio. Insomma un fenomeno terribile, contro il quale lo Stato ha fatto nulla ed ora fa troppo poco (nonostante le visite napoletane di Salvini) e che auspicabilmente dovrebbe affrontare in futuro con terapie sociali e giudiziarie eccezionali, se vuole veramente estirpare la mala pianta giovanile dal contesto napoletano e campano.
Questo fenomeno Saviano lo descrive né più né meno per come esso è nella realtà. Invece di tributargli il riconoscimento per il coraggio, lo processano di volta in volta. E’ il trionfo del moralismo demagogico, che alla stregua degli struzzi preferisce nascondere la faccia per non vedere. Così non si va lontano. Ecco perché siamo costretti a prendere posizione a favore dello scrittore.
Passiamo ad un caso affine. Ci tocca ora difendere l’indifendibile Luigi De Magistris. Che abbia ridotto Napoli allo sbando è sotto gli occhi di tutti. Di tutti, tranne che di lui stesso, che continua con proclami televisivi a narrare una “città del sole” che lui solo vede. I servizi non funzionano, il trasporto è a livello di Terzo Mondo (bus spariti, metrò a singhiozzo), il Comune è in pre-dissesto (ha ereditato, è vero, conti in rosso spaventosi), i parcheggiatori abusivi sono padroni assoluti della città, fette di territorio quasi usucapite da nomadi, da extracomunitari e da spacciatori di droga, baraccopoli di diseredati mai definitivamente sgomberate, lavori interminabili in gangli vitali come Via Marina, la Villa Comunale ridotta ad un immondezzaio, occupazioni abusive tollerate, strade ridotte a gruviera, lungomare “liberato” che fino al giovedì ti fa piangere per il suo desolante abbandono e che dal venerdì si trasforma in un suk. E potremmo continuare all’infinito. Basta solo riferire che la qualità della vita metropolitana resta sempre ai margini di tutte le classifiche nazionali. Insomma un disastro per chi vive in questa città sfortunata. Che è certo un paradiso per milioni di turisti mordi e fuggi, ma il sindaco di quest’esplosione non ha alcun merito, visto che è esclusivamente frutto del lontano intuito di Antonio Bassolino (quello del primo mandato) e dei tour operator che all’improvviso hanno genialmente scelto di “vendere” San Gregorio Armeno, le strabilianti chiese del centro storico e il Cristo velato, primo sito turistico napoletano per numero di visitatori, che stava lì a Calata Sansevero da quasi tre secoli e che nessuno prima se lo filava.
Proprio in queste ore De Magistris, per non farsi mancare nulla, ha persino cominciato a scimmiottare la Lega, inventandosi la barzelletta di Napoli città autonoma. Il “secessionismo alla Masaniello” ha argutamente commentato Vittorio Del Tufo sul “Mattino”.
Ebbene, questo indifendibile sindaco è protagonista ora di una singolare vicenda che lo vede parte offesa in una querela, trasformatasi in processo, contro il direttore della Apple Academy, Giorgio Ventre, illustre cattedratico della Federico II.
Costui, con termini poco lusinghieri, dai quali è scaturita la querela da parte di De Magistris, attaccò il sindaco, colpevole, all’atto della sottoscrizione dell’ennesimo programma di rigenerazione urbana di Bagnoli nel 2017, di aver previsto la delocalizzazione del ricostruendo (post-incendio), Museo di Città della Scienza in uno dei siti di archeologia industriale dell’ex area Italisder.
In realtà a ben riflettere, De Magistris si era limitato a ben poco, decidendo semplicemente che il capannone ignobilmente distrutto da ancora ignoti attentatori, non fosse più ricostruito sulla spiaggia, ma alle spalle, verso l’entroterra, dei volumi di Città della Scienza già esistenti. Una decisione logica. Apriti cielo! L’intellighenzia radical, la stessa che si oppone alle grate di piazza Plebiscito, levò alti i suoi lamenti. E’ tutto un mondo che inizialmente si è coagulato attorno a Vittorio Silvestrini e che ancor oggi strilla quando altri, ispirandosi a criteri elementari di buon senso, fanno notare che non solo il capannone da ricostruire, ma che tutta Città della Scienza dovrebbe essere delocalizzata, perché non si comprende proprio che cosa ci faccia in riva al mare, in uno dei siti più incantevoli del nostro paese e non solo, già preferito dagli imperatori romani e che dovrebbe essere naturalmente votato, una volta liberato dallo scempio urbanistico dell’Italsider, allo sfruttamento della risorsa mare (lungomare, alberghi, porto turistico, ristoranti, complessi sportivi, spa e mettiamoci pure l’acquario per le tartarughe). De Magistris in questa direzione ha emesso solo un piccolo vagito, non ha chiesto molto. E invece, stando a quanto lamenta con la querela, ha ricevuto solo insulti. Ecco perché ci tocca difenderlo, anche se avremmo preferito dal sindaco una scelta ancor più coraggiosa.