Psichiatri e docenti rispondono alla domande sulle paure degli adolescenti. “La cultura stimola emozioni che riducono il gap di rapporti che la Pandemia ha snaturato”.
Un anno dietro un computer. Rapporti sociali a singhiozzo, interazione mascherata da un video che ha creato una involuzione nei rapporti reali. Ora, con la riapertura delle scuole in presenza, si assiste a un vulnus di socializzazione, quasi al timore da parte di molti ragazzi di riprendere rapporti snaturati dalla pandemia. La cultura, e in particolare i musei, sono una risorsa fondamentale non solo per il recupero di una socializzazione perduta, ma anche per stimolare delle emozioni essenza stessa dei rapporti sociali e culturali. L’esigenza di mettere i musei in condizione di recitare un ruolo principale nella nuova socializzazione in epoca pandemica arriva dal gruppo di lavoro creato dalla cooperativa sociale Eco Onlus e coordinato dalla pedagogista Sofia Flauto.
“Lo schermo dietro il quale i nostri ragazzi si sono “nascosti” per un anno, li ha resi più insicuri. Spiega la dottoressa Flauto. Oggi il confronto con una realtà che non è più quella virtuale può portare stress. Ragazzi che la mattina talvolta rinunciano anche a lavarsi oggi si trovano “costretti” a interagire all’aria aperta. E ciò li rende preoccupati, impauriti. Per Sofia Flauto serve “una riabilitazione sociale” svolta in luoghi protetti dalle normative anti-covid. E quale deve essere il punto di interesse tra le generazioni? “La cultura in tutte le sue sfumature. I luoghi indicati sono i musei che già attuano un ferreo protocollo dal punto di vista logistico e che stimolano emozioni e dibattito”.
Pierpaolo Forte, professore ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università del Sannio (BN), autore di una cinquantina di pubblicazioni scientifiche, è stato, tra l’altro, consigliere giuridico del Ministro per i beni e le attività culturali e presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee che gestisce il Museo MADRE di Napoli. “Una prima considerazione – sostiene – riguarda lo sviluppo del digitale. La rete, infatti, ha reso possibile una maggiore fruibilità di prodotti culturali e questo può consentire molte innovazioni. La seconda considerazione è su come sia cambiata la socialità. La riapertura della vita sociale può essere accelerata, accompagnata, e forse aiutata nei momenti in cui si debbano mantenere le regole. Le visite ai musei possono essere pezzi di didattica delle scuole. I musei hanno il grande vantaggio di essere dei luoghi in cui già sussiste un protocollo validato. Bisogna comprendere come debbano essere coinvolti questi attori istituzionali. Musei, cinema, teatri come alleati della ripresa graduale che ci apprestiamo a vivere”.
Il dottor Federico Russo Medico Psichiatra e Psicoterapeuta dirigente UOC ASL Roma 1 che ha tradotto la teoria in esperienza pratica con la creazione de “Lo Spiraglio”, film festival della Salute Mentale aggiunge: “La resistenza degli studenti a riprendere l’attività in presenza della scuola va interpretata in quanto contiene una paura veicolata dal sistema familiare dove è passato il messaggio di una catastrofe imminente. Si agitava uno spettro mortifero per il quale anche il loro comportamento potesse danneggiare persone a loro care. Mantenendo troppi rapporti sociali si sarebbe addirittura potuto nuocere a genitori e nonni. Ha pesato qualcosa che ha a che fare con la dimensione della colpa. Ciò ha impaurito i ragazzi. Dietro la resistenza dovuta alle condizioni logistiche delle scuole c’è la difficoltà a riadattarsi ad una realtà che fa paura. L’altra questione è l’autonomia. Se tra i banchi l’idea è che la scuola sia rigida nell’insegnamento, con la didattica a distanza ognuno ha trovato il suo modo di apprendere con maggiore autonomia. Tornare a scuola può significare per molti una regressione. Tra i grandi problemi della riapertura in presenza ci sono anche gli interventi timidi nel mondo della cultura. Se la scuola riapre non si vede perché non possano farlo cinema e teatro, con le stesse caratteristiche di distanziamento. L’idea è che i nostri ministeri agiscano a compartimenti stagni. Questo fa sì che arrivi un messaggio ambiguo ai ragazzi che reagiscono ribellandosi”.
Il dottor Luigi Martemucci, pediatra dell’ospedale napoletano Santobono aggiunge “La pandemia ha accentuato soprattutto i problemi degli adolescenti più fragili. Non a caso l’isolamento ha aumentato i casi di suicidio. Anche al Santobono si è verificato il caso di una tredicenne che ha tentato di togliersi la vita proprio perché in assenza di amici, senza un confronto reale, e con patologie latenti aggravate. Uno studio olandese ha dimostrato come otto settimane di didattica a distanza abbiano ridotto il tasso culturale del 20%. Presidi, insegnanti, strutture, garantiscono certezze per le scuole dell’infanzia. Le problematiche per gli adolescenti sono il pre ed il post scuola durante il quale servono controlli. I musei possono essere un modo per accelerare i processi di socializzazione. Sono ambienti ampi, larghi, ben organizzati per appuntamenti e visite guidate. In attesa dei vaccini che ci faranno uscire dall’incubo”.