di Mariateresa Di Pastena
La scuola, ai tempi del coronavirus, è ormai sulla bocca di tutti… Anche di chi non ne conosce le dinamiche, le sfaccettature, la meraviglia e contemporaneamente le difficoltà che l’hanno sempre caratterizzata. Naturalmente, la Scuola esisteva anche prima di questo maledetto virus, solo che come istituzione, per tanti, era scontata, e, per molti, quasi trasparente. Per chi invece ci lavora e ci insegna da anni, la Scuola ha sempre avuto pareti di vetro, dietro le quali si è immaginato e costruito il futuro, dopo averlo però con fatica e passione disegnato in anteprima negli occhi, bellissimi, di tutti gli studenti.
Certo, nessuno di noi avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe diventata… ‘a distanza’… E che quei bambini e ragazzi sarebbero stati (finalmente e allo stesso tempo loro malgrado) i protagonisti del pensiero di tutti. Immaginare di fare lezione a distanza sarebbe stato come immaginare di poter mangiare un gelato senza nessun gusto, di poter mantenere un aquilone colorato senza il filo, di poter ballare senza la musica, di poter scrivere a mano senza la penna… E, di esempi e paragoni, se ne potrebbero fare a bizzeffe. Ma quello che rende meglio l’idea forse bisognerebbe inventarlo… Non è stato, e non è, per niente facile, per nessuno, fare scuola così… Non lo è per gli studenti, né per gli insegnanti. Non lo è stato nemmeno per i genitori, che, soprattutto con i figli più piccoli, e con quelli con maggiori difficoltà, si son dovuti improvvisare assistenti didattici. E spesso, lavorando entrambi, hanno dovuto affidarli a qualcuno che potesse seguirli. Eppure, lo sappiamo tutti, non è stato mai a cuor leggero che dall’alto è stato preso questo provvedimento, evidentemente necessario per tutelare la salute di tutti coloro che ogni mattina creano, volenti o nolenti, ‘l’ assembramento’ per eccellenza e quasi obbligato, quale quello nelle scuole. E quindi, tutti ci siamo adeguati, e abbiamo fatto del nostro meglio. A volte è stata una missione (im)possibile coinvolgere tutti gli studenti, per svariati motivi… Inoltre, ci vorrebbero una DAD e una DDI, (la didattica digitale a distanza e/o integrata) adatte a tutti, anche e soprattutto ai bambini e ai ragazzi con diverse abilità e con difficoltà di apprendimento, e quindi davvero inclusive, come la Scuola si sforza di essere da sempre. Non dimentichiamo che, dal primo all’ultimo nome dell’appello, fanno tutti parte della classe, sono tutti uguali, ed hanno tutti il diritto di essere coinvolti nelle attività del gruppo. E le modalità non solo vanno cercate, ma trovate, sempre.
Noi, insegnanti e alunni, comunque, durante la dad, ci siamo alzati ogni mattina con la sensazione di dover andare in classe… Abbiamo percorso il corridoio (o le camere di casa), come fosse stato quello del nostro edificio scolastico. Le stanze, seppur diverse da casa a casa, sono diventate un’unica aula virtuale e siamo stati seduti vicini, sì, vicinissimi, anche se lontani. Le immagini degli alunni sono state piccoli quadri preziosi, e le loro voci le avremmo riconosciute, e le riconosciamo sempre, anche ad occhi chiusi. Ora che, almeno per il momento, siamo ritornati in classe, stiamo cercando i loro sorrisi sotto le mascherine, e spesso quei sorrisi li sollecitiamo, e li troviamo… Inutile nascondere, però, che troviamo anche paure, preoccupazioni e disagi… E noi adulti, se ne abbiamo, ce li teniamo abilmente per noi. Perché loro hanno il sacrosanto diritto al sorriso… E così, nonostante le tante regole e precauzioni, e la pulizia continua di mani, nonostante la dolorosa e innaturale distanza tra loro e noi, nonostante le finestre che ogni tanto si devono aprire e chiudere, e i libri che scarseggiano perché non possono più dividerli, né possono naturalmente portare zaini pesanti, nonostante la difficoltà di parlare e respirare come si deve e di poter sentire distintamente le voci, nostre e loro, soffocate dalla mascherina (non è per niente facile indossarla per tante ore di seguito, sia per i ragazzi, che per chi spiega continuamente)…. Nonostante la difficoltà di interagire con i compagni collegati da casa, (la did permette di non tralasciare nessuno, ma, a causa delle modalità e dei ritmi diversi, non è semplice da gestire contemporaneamente dalle classi, anche per motivi tecnici)… Insomma, nonostante tutto ciò, ci resta la consolazione di esserci ritrovati tutti sotto lo stesso tetto.
E allora sopportiamo quelle fastidiose mascherine, pur di guardarci negli occhi, a distanza, ma dal vivo. E sono così coraggiosi, questi piccoli eroi, che si sono trovati, e si trovano ancora, a dover combattere, insieme a noi adulti, questa guerra, improvvisa e lunga, contro un nemico infido e invisibile. Sono meravigliosi, perché non si lamentano mai e, sia dentro che fuori dalle mura scolastiche, ci ascoltano, e ci guardano, e si adattano, e aspettano pazienti che la guerra finisca. E meritano insegnanti che li ascoltino, che li guardino, che si adattino, senza lamentarsi, che li incoraggino, e che usino, sempre, ma da un anno a questa parte ancora di più, la creatività e la fantasia per fare lezione. Che li aiutino a non dimenticare i loro sogni, anche se ora possono sembrare più lontani, e a coltivarli, a crederci. Perché loro, ora più che mai ne hanno bisogno. Perché loro, i bambini e i ragazzi, sono il futuro, ossia la somma di Amore, sogni e speranza. Sì, sono loro, l’unica, vera, immensa speranza per un mondo migliore.